Garfield - Pooky
Mi sono trasferita da Bergamo a Trieste, lasciando la mia famiglia e la me-bambina. Purtroppo la me-combinaguai mi ha seguita e ogni tanto devo farci i conti e ammettere che è la parte di me che preferisco perché mi fa sempre parecchio ridere.

giovedì 22 dicembre 2016

Giorno 42- I propositi del 2016...mantenuti o maLtenuti?

I propositi del 2016...mantenuti o maLtenuti?

Siccome le feste si avvicinano e l'anno è giunto ormai al termine, è proprio ora di tirare le somme e vedere se i propositi segnati il primo gennaio sono stati mantenuti e gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti. Su, non fate i finti tonti, miei cari lettori, tutti quanti il primo gennaio, tra i postumi della sbornia e il panettone, scrivono una lista dei buoni propositi, un po' come faceva la mia eroina moderna, Bridget Jones. Anzi, sarei molto curiosa di farmi un po' i fatti vostri e vedere se avete fatto i bravi o se i vostri propositi per l'anno nuovo sono decaduti.
Io ci sono andata piano, sapevo che se mi fossi prefissata troppe cose, non ne avrei raggiunta nemmeno una; di conseguenza ho preferito scriverne solo tre e mi ritengo molto soddisfatta del mio risultato.
Andiamo a vederli insieme e a commentarli...

BUONI PROPOSITI PER IL 2016

  • lavorare ✅ devo dire che questo lo metterei come missione compiuta con ottimi risultati, visto che sto facendo ciò che più si avvicina al lavoro dei miei sogni. Eh sì, ho una cartelletta mia, il mio astuccio, il mio pennarello della lavagna e i miei orari lavorativi. L'unica cosa che dovrei correggere forse (a parte le verifiche, si intende) è la mia cleptomania nei confronti delle penne dei miei colleghi; badate bene, penne da pochi spiccioli eh, mica Mont Blanc, ma quando le vedo lì, sole e lontane da astucci o altri articoli di cancelleria, una voglia irrefrenabile di adottarle mi assale. Comunque ne rubo solo una alla volta e ogni tanto senza nemmeno farlo apposta: nel mio astuccio c'è solo una penna nera, che al termine della sua carriera viene rimpiazzata da un'altra trovatella.                                                                                                 NB Vorrei precisare che se qualcuno la reclama sono disposta a restituirla, se sanno provare che è la loro, muahahah
  • studiare sempre con costanza ✅ anche di questo punto mi posso ritenere soddisfatta. Nonostante i miei studi stiano andando a rilento, i miei voti molto buoni mi fanno credere che non c'è nulla che non vada in me,  ho solo meno tempo degli altri anni, ma se continuo così quando arriverò alla laurea (di sto passo fra dieci anni- Mamma, sto scherzando sono perfettamente in corso ancora!) potrò aspirare alla lode, per ora. Vedremo più avanti che accadrà. Inoltre, ironia della sorte, ho trovato una compagna di studi di nome Costanza, quindi il proposito di studiare sempre con Costanza, sta avendo i suoi frutti da molti punti di vista!
  • smettere di rimandare 💪 a questo metto solo un braccino forzuto, perché non sono pienamente convinta di aver raggiunto questo obiettivo. Devo lavorarci ancora un po', credo, ma questo vuole solamente dire che sarà uno dei punti ancora presenti nella lista del 2017. Nelle ultime settimane però devo dire che sono migliorata: ho trovato su Pinterest un pin che si intitolava EAT THAT FROG! 🐸. Praticamente la sera, prima di andare a dormire, segni una lista delle cose da fare e come primo punto metti questa rana da mangiare, cioè la cosa che non vorresti fare, ma che devi fare; è un consiglio molto carino, perché in effetti il fatto di vedere cosa fare, ti spinge a farlo e quando hai finito, ti accorgi che non ci voleva poi così molto e francamente io provo un senso di soddisfazione e leggerezza quando porto a termine una cosa che proprio non mi andava. 

Ed ecco qui, i miei propositi e la mia resa dei conti del 2016. Mettete in un commento i vostri propositi e ditemi se siete riusciti a mantenerli!

Buon Natale! Mangiate come porcelli e divertitevi come fringuelli!

sabato 17 dicembre 2016

Cucina con Alice- Le finte pizzette della mamma

Le finte pizzette della mamma

Questa è una ricetta velocissima e ultra buona, ideale come antipasto per chi ha gente a cena, ma poco tempo per preparare tutto. Non ho idea di come si chiamino, ma la mia mamma me le ha sempre fatte, sin dall'alba dei tempi e ora talvolta, per coccolarmi, me le preparo da sola. Le ho chiamate Finte pizzette della mamma (proprio perché non so se altre persone oltre a lei le fanno, ma mia mamma non è molto creativa in cucina, quindi da qualcuno avrà pur preso questa ricetta, probabilmente da mia nonna).
Il loro viso è questo:






Vi hanno convinto? Allora vediamo gli ingredienti:

  • Pane duro, da tagliare a metà o a fette; se non lo avete, vanno bene anche delle fette di pan bauletto
  • burro, alcuni riccioli
  • passata di pomodoro o pomodoro a pezzetti
  • mozzarella fresca, 1
  • sale e pepe, q.b.
  • un pizzico di zucchero








Bene: riscaldate il forno a 180°. Prendete le fette di pane e ricopritele con alcuni ricciolini di burro. In una ciotola, mettete un po' di passata, il pizzico di zucchero, sale e pepe e mescolate bene. Mettete il sugo sopra alla fetta di pane imburrata e appoggiate una fetta di mozzarella sopra al pomodoro. 
Infornate per 15 minuti o finché la mozzarella non si sarà sciolta per bene.

 Tadaaaaan!!!


Ora, mi rendo conto che non è una ricetta da Grand Gourmet, ma chi se ne frega, no?! l'Importante è mangiare! Di sicuro i miei lettori in piena crisi da sessione invernale (come me) saranno d'accordo su questo fatto.
Devo però informarvi che se usate il pan bauletto o comunque pane ancora morbido la parte centrale sarà un pochino molle, quindi fate attenzione quando lo togliete dal forno, non vorrei che si formi un buco centrale da cui tutti gli ingredienti vi salutano e voi rimanete con in mano solo la crosta!

Beh, saluti e baci e se non posto altro prima, Buon Natale!!


mercoledì 30 novembre 2016

Giorno 41- Lettera a Babbo Natale

Lettera a Babbo Natale

Come ogni anno, arrivo in questo periodo e mia mamma e mia sorella mi obbligano (non che la cosa mi dispiaccia) a scrivere la letterina per Babbo Natale, in modo che si sappia cosa mi piacerebbe ricevere per Natale, che vi ricordo essere il mio periodo preferito dell'anno.
Dopo l'inchiesta dell'anno scorso sull'esistenza o meno di Babbo Natale (vedi link qui) quest'anno mi limiterò solamente a mettervi la mia letterina indirizzata a Babbo Natale e a lasciarvi in fondo al post un video con l'estratto del mio film di Natale preferito. Sapreste indovinare quale è senza sbirciare?

Babbo Natale
Villaggio di Babbo Natale, Polo Nord
30/11/2016
CARO BABBO NATALE,
Quest'anno vorrei molte cose, anche se in realtà non mi manca nulla di cui ho davvero bisogno, non che mi venga in mente ora, se ho già detto alla mamma o a Vittoria qualcosa che volevo ma che mi sfugge allora ben venga! Bene, per quest'anno vorrei:
  • scarpe tipo francesine nere con lacci, numero 38, senza tacco, le mie si sono rotte e con le Vans quando piove scivolo e mi entra acqua perché non sono impermeabili
  • romanzi in lingua, possibilmente tedesco e francese
  • un libro di grammatica spagnola contenente solo esercizi
  • vestiti taglia 44/46 (gonne, abiti, golf, maglioni e collant) e caro Babbo, non dire che ci devo essere io, perché un paio di anni fa mi hai regalato dei vestiti bellissimi senza che lo sapessi, conosci i miei gusti
  • il calzone con le cipolle di mamma a Natale
  • coperta con le maniche
  • fotocamera istantanea
  • un regalino a sorpresa, mi piacciono le sorprese
    Babbo vorrei anche trovare l'albero (e magari anche il presepe) quando torno a casa a Boltiere. Mi piacerebbe molto, convinci la mamma!


Grazie mille e buon Natale, Alice

mercoledì 9 novembre 2016

Giorno 40- Un anno dopo

Un anno dopo


L'anno scorso, esattamente oggi io mi laureavo. Una festa grandiosa, due torte, tanti amici e parenti, i festoni, i regali, i fiori, la tesi nel tombino dell'università subito dopo averla discussa. La commozione, il cibo, i preparativi e la gioia di una festa. Ho sempre adorato le feste con i parenti, a me piacciono i parenti, non so che dirvi!
In questo anno sono cambiate un sacco di cose, mi sono fatta una lista, spulciamola insieme:
  • prima di tutto ho iniziato una nuova università, qui a Trieste, con i suoi alti e bassi e con la paura ancora immotivata (per ora!) di finire fuori corso.
  • poi ho trovato un lavoro bellissimo, anzi, esattamente il lavoro che desideravo fare e che mi sto tenendo stretto, perché la mattina mi sveglio sempre con la motivazione per andare al lavoro, oltre a quella dei soldi, naturalmente. Certo, faccio ancora fatica ad alzarmi, ma ne passeranno di anni (e di lauree!) prima che io accetti il fatto che il mattino ha l'oro in bocca; che poi io confermo che questo proverbio ha un fondo di verità molto ampio, ma questo lo dico a fine giornata, non appena suona la sveglia!
  • ho un gatto. E questo è molto indicativo di quanto sia cambiata nell'ultimo anno, visto che li ho sempre odiati. Ma come dico sempre, io odio ancora i gatti; la mia gatta però è diversa dagli altri, ovviamente lo è solo perché è mia e per me sarà sempre più bella degli altri mici; come si dice, cuore di mamma.
  • sono diventata più responsabile e leggermente (sottolineo LEGGERMENTE)  più ordinata. Ora faccio il letto tutte le mattine, i piatti sono lavati tutti i giorni, la lettiera del gatto è sempre pulita e profumata e spazzo e spolvero con più regolarità, non aspetto che arrivi il topolino Fievel che mi chiede se in quel gran disordine ho visto la sua famiglia.
  • Ho cambiato colore di capelli: sono tornata a un colore più naturale, tranne una ciocchetta che per un pezzetto è rimasta bionda, retaggio del mio vecchio ma non ripianto spirito che esigeva colori strambi su qualche ciocca.
  • Ho mantenuto aperto questo blog e questo mi fa molto piacere, anche se sto cercando qualcuno che mi aiuti a eliminare le visite spam, perché io non ho capito cosa mi chiede il sito. Anzi, faccio un appello, se sapete come fare, contattatemi.
  • la maggior parte dei mobili di casa mia sono cambiati: la cucina, il salotto, il tavolo, gli armadi. Ora è diventata una casa vivibile, grazie anche alla pazienza e al duro lavoro di Demmy.
  • Credo di essere anche migliorata nella cucina, ma non posso dirlo con certezza. D'altronde, chi si loda si imbroda.
  • A quanto pare ho iniziato a parlare solo per proverbi e ora ve ne darò una prova, sottolineandoli in questo post. Convinti?
  • Ho stretto molte più amicizie qui a Trieste di un anno fa. Non posso dire di essere una festaiola (che non sono mai stata, tra l'altro) ma almeno ogni tanto ora esco a bere qualcosa con le amiche o pranzo con le colleghe o ceno con amici allegri e di buona compagnia ed è una cosa molto bella. Ah sì, naturalmente la vicina ci vuole talmente bene che quando prepara i dolci o il ragù ce ne lascia sempre un po' e anche questo è un bel traguardo! 
  • Ah ecco, ne ho trovata un'altra poco dopo aver pubblicato il post! Mia mamma e mia sorella sono venute a trovarmi!| Era una cosa a cui tenevo tantissimo e sono felice che abbiano apprezzato i miei sforzi e che mi abbiano accontentata. Ho passato dei momenti (seppur brevi) bellissimi insieme a loro qui e penso che non li dimenticherò facilmente.

Ok, non mi viene in mente altro, però posso confermarmi che tutti questi cambiamenti sono positivi e io sono molto contenta di come sta andando la mia vita ora.
Ps fra poco arriva dicembre, aspettatemi una mia storia inventata di Natale, nella mia rubrica di racconti!! Adieu

mercoledì 2 novembre 2016

Giorno 39- ...

...


Ho appena finito di studiare un libro per un esame il cui ultimo paragrafo dell'ultimo capitolo riguardava la morte. Non so se è il biscotto al triplo burro che ho mangiato o proprio questa chiave di lettura, ma ho uno strano sapore amaro in bocca. Mi ha messo una tristezza e una angoscia addosso indescrivibili; anche se nelle ultime righe l'autore ha cercato di confortarmi, ho deciso che scrivere qualcosa sarebbe stato il modo migliore per esorcizzare questo sentimento di inevitabilità della fine che mi sta mandando in tilt.
Vi chiedo scusa se questo sarà un post pesante e non divertente e frivolo come gli altri, ma oggi è il giorno dei morti, io ho letto un paragrafo sulla morte e il tutto mi frulla in testa come tanti colibrì colorati. Ad esempio: io adoro Halloween e come ogni anno mi guardo qualche film che riguarda questa festa che mi attrae e mi spaventa al contempo.  Questi non mi creano sensazioni profonde, non come quel dannato libro, un saggio sul Decadentismo, qualcosa di pensato e non fatto per far soldi che racchiude in sé quei pensieri che ogni tanto (molto raramente per fortuna) mi assalgono  e mi troncano il respiro. Molti di voi sanno che sono una persona ansiosa, ma positiva a lungo termine e talvolta, mentre passeggio per il parco con il cane, penso che questo sia il periodo in cui tutto va per il verso giusto, che la mia famiglia è in salute, che io sono in salute e che questo è quello che conta. Poi penso anche a come sarà difficile quando questa condizione cambierà drasticamente e che nulla può fermare questo cambiamento.
E iniziano a presentarsi domande: sono abbastanza presente (seppur non fisicamente) nella vita dei miei cari? Le persone che amo, vicine o lontane, sanno che possono contare su di me?
Poi Cora compie una qualsiasi azione buffa, che mi fa tanto ridere e i pensieri brutti svolazzano via.

Il libro dice che il Decadentismo vede la morte come una entità sempre presente nella vita di un uomo, da quando inizia ad esistere, ma che non deve essere motivo per scoraggiarsi, ma per esaltare la vita in ogni singolo ambito e io mi chiedo: ma quanta sofferenza ha causato il secolo scorso a questi artisti e quanta ne sta già causando questo, per sentire così profondamente questo legame con la fine?
So che arriverà un giorno in cui non porterò più a spasso Cora, non preparerò più i biscotti e non leggerò più libri o abbraccerò qualcuno o....
Ma non riesco ad arrendermi al fatto che tutto questo debba finire; non sto dicendo queste cose a cuor leggero, anzi. Per ogni parola che scrivo, ne cancello quattro.
Tornando indietro a leggere cosa ho appena scritto mi accorgo che sono davvero confusa sull'argomento: alterno righe di speranza e gioia ad altrettante righe di sfacelo completo.
Penso che il momento di riflessione triste stia passando, stia cambiando e stia finendo.
E mi viene solo da sorridere, pensando a quante cose belle capiteranno nel futuro immediato: stasera ad esempio mangerò il mio amato brodino con la pastina, fra un mese inizia il mio periodo preferito dell'anno, sabato vedo la mia mamma e mia sorella e Cora ha appena iniziato a correre nel sonno, sdraiata sul pavimento. Ecco qui...i pensieri brutti sono svolazzati via.

"Ich bin Ende oder Anfang" (F. Kafka)

giovedì 6 ottobre 2016

Giorno 38- Happy world teachers' day!

Happy world teachers' day!


Ieri, 5 ottobre, è stata la giornata mondiale degli insegnanti. Siccome amo il mio lavoro che, come alcuni di voi ben sapranno, è insegnare, oggi vorrei raccontarvi cosa ho imparato facendo l'insegnante.
Dunque, in soli sei mesi dal mio reclutamento come insegnante, me ne sono successe di tutti i colori; e calcolate che nei mesi estivi non ho lavorato tantissimo!
Per esempio... una mia studentessa si è inalberata con me ed è andata a lamentarsi con la responsabile, perché diceva che mi ero fissata su di lei e che non sapevo insegnare. Questo è stato uno dei primi episodi, e anche il più traumatico, perché sono andata avanti giorni (e il mio povero Demmy è stato la vittima numero 1) a parlare con astio di questa scena e a cercare di convincermi che quello che aveva detto era una balla. Sono una polpetta insicura, io, non potete dirmi queste cose!
Ad ogni modo ho avuto altri scontri, più leggeri e che mi hanno fatto capire che non dovevo lasciarmi intimidire.
Successivamente sono accadute cose abbastanza divertenti col senno di poi, ma assolutamente snervanti nel momento in cui l'ho vissuto: un giorno un mio studente testa calda ha deciso che doveva cantare come una Drag Queen in mezzo alla classe. Sempre questo studente è stato cacciato dalla sottoscritta in una altra occasione, perché mi sfidava e non aveva alcuna intenzione di prestare attenzione. Ad altri studenti ho dovuto insegnare la grammatica inglese utilizzando esclusivamente un linguaggio criminale, per fare in modo che si ricordassero qualcosa, facendo leva sul gangsta lifestyle che loro tanto apprezzano (questa cosa non mi andrà mai a genio, ve lo assicuro).
Uno studente adulto si è infatuato di me e talvolta aveva atteggiamenti molto ambigui, ma io penso innocenti: quando diceva una battuta, per far vedere che scherzava, cacciava fuori la lingua e la muoveva in su e in giù con un fare da serpe,  che se ci penso mi vengono ancora i brividi e un leggero sapore di bile in bocca.
I miei studenti fanno schifo a basket: cercano di centrare il cestino, buttando da seduti la loro immondizia, che consta di carte di panini, lattine, fogli e ahimè talvolta anche schede consegnate la lezione prima. Mai una volta che abbiano centrato questo maledetto bidoncino!
I litigi sono all'ordine del giorno: si inizia prima a urlare, poi a sbatacchiare oggetti sul tavolo e si conclude, inveendo contro la vittima (che non sono io, badate bene) con un delicatissimo: "Vattene via, papera di m[censored], stai ancora parlando?" In tutto questo un buon insegnante non può che cercare di placare gli animi, col sudore che cola e la voglia di gridare: "ZITTIIIII!! SE NON LA FINITE VI APPENDO AL MURO COME I GREMBIULI DELLE SCUOLE ELEMENTARI!" e invece il buon insegnante dice solo: "Ragazzi, per favore, se dovete menarvi, fatelo fuori". No, non credo che un bravo insegnante direbbe questo, ma in ogni caso si cerca di mantenere la mente lucida, il sangue freddo e di schivare oggetti vari di cancelleria che schizzano da una parte all'altra dell'aula, dove i banchi sono stati trasformati in trincee.
Un giorno, uno studente dal palese cognome slavo, insulta con un :"Slavo di m[censored]" un altro studente, con cognome palesemente slavo. Non parliamo poi della bava alla bocca che esce ad alcuni di loro quando neghi loro di uscire a fumare una sigaretta durante la tua lezione. E nemmeno di quelli che tu correggi e un istante dopo ripetono lo stesso errore e così per quattro volte, finché non tiri una capocciata al muro e, con gli occhi iniettati di sangue e la bocca in modalità slow (come se parlassi il balenese), ricorreggi lo studente, che ti guarda con occhi interrogativi, di chi non ha ancora capito nemmeno dove si trova.
Parliamo invece di quelli che portano dei fiori quando è la festa della donna; di quelli che dicono:"ti vedo sciupata, fai a metà merendina insieme a me"; di quelli che ti vedono dopo tre mesi e ti abbracciano; di quelli che sanno di non capire e ti chiedono di star loro vicini mentre fanno gli esercizi; di quelli che parlano delle loro delusioni d'amore; di quelli che ti ringraziano; di quelli che dicono: "Tu mi hai lasciato davvero qualcosa"; di quelli che fanno sempre i compiti, anche se a modo loro; di quelli che ridono alle tue battute (prima regola del fight club: non ridere alle battute dei prof), anche solo perché fai loro compassione; di quelli che ti fermano nel corridoio per chiederti aiuto con uno schema; e aggiungiamo, infine, che tutti queste meraviglie del cosmo sono gli stessi studenti che ti hanno fatto perdere le staffe, magari un paio di ore prima.
Sì, il mio è il lavoro più bello del mondo.

martedì 4 ottobre 2016

Cucina con Alice- Ravioli semi-cinesi al vapore

Ravioli semi-cinesi al vapore

Eccoci pronti con una nuova ricetta semplice semplice, ma buona buona. Come sempre vi metto il link per la ricetta originale e poi vi do le mie dosi, i miei ingredienti e i miei tempi. Insomma, in questo post ci saranno due ricette molto simili, ma diverse in fondo in fondo.

Oggi prepariamo i ravioli semi-cinesi al vapore; dico semi-cinesi perché non sono proprio del tutto cinesi, visto che li ho personalizzai leggermente. Prima cosa che vi dovete procurare è una vaporiera con cestello grande e piano, o (come ho fatto io) due vaporiere di una misura standard.
Ecco qui la ricetta originale di GialloZafferano, ed ecco qui cosa ci metto io:

Ingredienti per la pasta
  • 250 gr di farina
  • 150 ml di acqua
  • un po' di sale

Ingredienti per il ripieno
  • una zucchina
  • mezza cipolla
  • una carota
  • una confezione di carne macinata, di quelle piccole
  • sale
  • pepe
  • paprika (facoltativo)
  • due cucchiai di salsa di soia
Procedimento
Dunque, mettete in una ciotola la farina e il sale, aggiungete a poco a poco l'acqua lavorando bene bene con le mani. Formate una palletta soda e non appiccicosa che metterete in frigorifero per un'ora. Badate bene di metterci la pellicola trasparente intorno, perché altrimenti si asciuga (ve lo dico per esperienza!)
Nel frattempo prendete una ciotola, mettete la carne macinata con sale, pepe e paprika, sminuzzate carota, zucchina e cipolla e unitele alla carne. Mescolate vigorosamente e poi mettete la salsa di soia. Più fate riposare il ripieno e più sapore avranno i ravioli. Una volta pronta la pasta, stendetela con un matterello. Fatela molto sottile e con un bicchiere ritagliate al massimo quattro forme rotonde di pasta (non vi conviene fare prima tutti i tondi, perché la pasta si irrigidisce e poi fate fatica a chiuderli). Poi stendete ulteriormente le forme fino a rendere la pasta sottile sottile. Metteteci un bel po' di ripieno, poi inumidite leggermente il bordo inferiore, tirate il bordo superiore e chiudete il raviolo a mezza luna. Ora con una forchetta fate come facevano gli uccellini di Biancaneve, schiacciate i bordi, facendo delle piegoline con i rebbi.

Adesso non ci resta che preparare la vaporiera: mettete un po' di acqua calda, posizionate il cestello con i vostri ravioli, mettete il coperchio e fate cuocere a fuoco allegro per ca. 25 minuti. Se la pasta è del giorno prima, ci si mette un poco di più ma non troppo. Vi accorgerete che sono pronti dal fatto che si gonfiano e se apri il coperchio si sgonfiano e si vede in trasparenza il ripieno. 
Servite con salsa di soia sul tavolo.
Ed ecco i nostri ravioli pronti! Gustateveli!
Guest star #betsytheunicorn



sabato 17 settembre 2016

Giorno 37- Sonetto all'estate

Sonetto all'estate

Settembre è iniziato
l'autunno è alle porte
il caldo non è andato
siam ancora in braghe corte


Mi scuso ben tosto
gentili lettori
che nel mese di agosto
nessun post è uscito fuori

coi pensieri fissi
mi appresto a voi narrar
ciò che nel mese vissi
s'ei piace ascoltar

Non perdiam tempo, una cosa sto per dirla
chi scrive questo post è una grandissima p......!
 :)


Ben tornati nel blog, miei cari lettori. Come accennato nel mio adorabile sonetto inglese, non ho avuto tempo di scrivere alcun post durante agosto e queste prime settimane di settembre.
Vi posso dire che è stato un mese davvero pienissimo e ricco di avvenimenti, in cui si sono avvicendate emozioni contrastanti. Cercherò di andare con ordine ed essere stringata, anche se uscirà un post lunghissimo pieno di aria fritta.

Dunque, prima cosa che mi ha impedito di vivere è stata la decisione (ahimè, mia) di cambiare la cucina. Non l'avessi mai fatto: smontando la vecchia cucina un pezzo di intonaco è caduto rovinosamente, svelando alle sue spalle un bellissimo muro in pietra, che è stato prontamente decretato il tipo di muro che volevamo. Peccato che il riportarlo alla luce non sia stato fatto altrettanto prontamente, visto che ho dovuto farlo da sola, con le mie mani molli. Vi dico solo che, oltre a un paio di ore di radio, mi sono ascoltata ben due audiolibri durante le mie giornate di lavoro.
In tutto questo mi sentivo un po' come in the sims, quando la barra del comfort è rossa e lampeggia, perché vuol dire che non ti trovi bene nell'ambiente in cui sei. Non potevo biasimarmi, era tutto impolverato, la cucina non c'era più,  mangiavo solo noodle precotti e insalata con uovo strapazzato. In più la cucina doveva essere terminata in fretta perché il 12 agosto sarebbe arrivata mia mamma e più staccavo pezzi di intonaco e più vedevo la fine dei lavori lontana e la cosa mi demoralizzava assai, perché dovete sapere...

(qui inizia un nuovo capitoletto)

...Che il 12 agosto sarebbe stata la prima volta che mia mamma metteva piede su suolo triestino e finalmente avrebbe visto la mia casa e io ci tenevo moltissimo...ma davvero volevamo mostrarle il disastro che c'era?
Ad ogni modo, in qualche maniera mia madre è riuscita a rimanere ospite a casa mia 10 giorni, senza essere mangiata dal cane e vivendo una situazione di tranquillità, sebbene la prima notte abbia dormito nel lettone con me, perché Demmy nel frattempo sistemava la cucina e non voleva disturbarla, facendo avanti e indietro da Narnia (il nostro sgabuzzino magico).
Insomma, a cucina (semi-) terminata abbiamo fatto tantissimi giri, uno dei quali in Croazia, passando per una strada da panico (no, davvero, ho avuto un attacco di panico!) per i boschi sloveni e intrufolandoci involontariamente col 600 nel giardino di una normale famigliola slovena intenta a fare il barbecue. La cosa che mi ha stupita molto è che avessero un mulo in giardino! Comunque, glissiamo sull'argomento.
Era una pacchia, stare con mia mamma:  passeggiate, giri turistici, cene fuori, mare, sole, giochi di carte e poi lei fa amicizia con tutti, persino con il cane e con la vicina, con il quale si sono scambiate chiacchiere e ricette. Un'altra cosa che ho apprezzato moltissimo è che mi faceva trovare il pranzo pronto quando...


...tornavo dal lavoro. Eh sì, perché oltre a insegnare in quella scuola di casi umani  che amo (dai quella che conoscete, quella coi calciatori, su), a inizio maggio avevo chiamato anche il proprietario dell'hotel da cui andavo l'anno scorso a servire colazioni, ricordate? Se non ricordate cliccate qui per vedere il post a cui mi riferisco. Beh,  l'avevo chiamato per chiedergli, siccome non ci sono molte lezioni durante l'estate, di assumermi per qualche settimana, giusto per arrotondare; lui mi aveva detto che probabilmente non avrebbe avuto bisogno di me, perché avrebbe preso una stagista e indovinate? Un giorno di agosto mi chiama dicendomi che aveva bisogno di me e che, se volevo, potevo iniziare...il 12 agosto! "Ma questo è un Malocchio!", direbbe il caro e compianto Gene Wilder nei panni del dottor Frankenstein (si pronuncia Frankensteen! ;) )
Eh già, ho lavorato per tutto il periodo in cui c'era qui la mia mamma e oltre. (S)fortunatamente lavoravo solo dalle 6 alle 12, così che sono potuta rimanere del tempo con la mia ospite, che non vedevo l'ora da mesi che venisse qui. Mia mamma fa le valigie e se ne va, ma al suo posto...


...arrivano mamma e sorella di Demmy. Tante gite, tanta gente in casa e tanto cibo e relax.  Inutile dirvi che nemmeno in questo periodo sono riuscita a studiare, anche se sentivo lontano lontano la vocina che diceva: "Esaaaamiiii". Il giorno in cui sono andate via ho iniziato a recuperare i libri da studiare, ma ho avuto il sentore che fosse troppo tardi, quindi sono rimasta una settimana a lavorare nell'hotel e basta, finché un martedì, tornando dal lavoro...


...prepariamo le valigie e scendiamo a Bergamo, perché il giovedì ci sarebbe stato il matrimonio di mio cugino. Il nostro progetto era di rimanere sei giorni, io da mia mamma, Demmy dalla sua e fare i nostri giri, scomodando l'altro solo per visite ufficiali. Molto princess Diana, vero? Il matrimonio va bene, mi vesto elegante, Demmy mi sistema l'acconciatura (sì, non sono capace di tenere i miei capelli in ordine e sì, lui è più bravo di me quando si tratta della cura di sé) mangio come un bue e la notte vomito la cena a portate, dal gelato a ritroso fino al primo antipasto. Ce lo si doveva aspettare, maledetta golosa che sono. Fine della fiera, torniamo a Trieste con due valigie, il cane, due piante nuove, un nuovo paio di scarpe, un nuovo completo da uomo e...due aspirapolvere. Inutile dirvi che non so come siamo riusciti a portare a casa Cora senza appenderla sul tettuccio del 600!


Ad ogni modo eccomi qui, con l'ansia da esame che ho deciso qualche giorno fa di dare e che ho quasi finito di studiare. Con la consapevolezza che basta volere le cose per realizzarle e che un nuovo anno scolastico e accademico stanno per iniziare e che quindi io tornerò nei miei panni da studentessa e insegnante. Nuovo anno scolastico, nuova vita: i buoni propositi non sono tantissimi, ma da insegnante prometto che mi impegnerò a preparare le lezioni con largo anticipo e da studentessa che studierò con altrettanto anticipo per gli esami successivi  e da blogger mancata prometto a voi, pochi ma fedeli lettori, che pubblicherò post più spesso, giusto per tenervi aggiornati sulle mie peripezie. Stasera c'è l'Oktober Fest in Viale tra l'altro, se Demmy accetta di seguire il mio piano, questo potrebbe essere lo spunto per un prossimo ipotetico, divertentissimo post!

Bau.




sabato 30 luglio 2016

Giorno 36- Focacce e calderoni

Focacce e calderoni

Le 23 sono scoccate da pochissimi secondi e lo spicchio lunare splende in tutta la sua maestosità. Io sono immobile in piedi, vicino a un calderone rovente, in mezzo a un cerchio di 13 streghe, con il sudore che mi scende lentamente dalla fronte. è il momento fatidico, quello che segnerà la mia breve (si fa per dire) vita da strega per i secoli avvenire. Sì, una strega. Perché è quello che io e le mie due sorelle Dana e Theresa siamo. Streghe. Ma non di quelle cattive, no, affatto. Solo un po' pasticcione, ma senza alcuna intenzione malefica.
Ad ogni modo, oggi è il giorno del mio cento diciassettesimo compleanno, il giorno più importante per una strega, perché è quello che le permetterà di esercitare e professarsi come tale. In quel giorno, le giovani adepte come me devono semplicemente  partecipare a un rito con una fastidiosa tunica verde in flanella (il tessuto adatto alle roventi sere di luglio, aggiungerei) e fare bere per la prima volta in assoluto un filtro d'amore a un essere umano: se questo funziona, la giovane strega avrà un diploma e con quello potrà creare tutte le pozioni che vuole senza incappare in sanzioni salatissime, ordinate dalla Congrega, il circolo delle fattucchiere più  sagge. E se non funziona? Vi chiederete...se non funziona bisogna aspettare altri 13 anni e poi riprovare una seconda e ultima volta, al fallimento della quale si perde ogni diritto esoterico e si diventa umane. Seccante, non è vero?
Beh, diciamo che io non mi sento particolarmente talentuosa, a dispetto delle mie due sorelle, due streghe coi fiocchi e i contro fiocchi. Ho provato mille e mille volte ancora a preparare un filtro d'amore, ma invano. Ovviamente (e fortunatamente) nessuno ha potuto bere i miei spaventosi intrugli a causa della mia mancanza del diploma. C'è un solo metodo per capire se un filtro è fatto bene, prima che venga bevuto: tendere un agguato a un uomo e buttarglielo addosso; se crea scintille allora è perfetto, in caso contrario è da risistemare. Solamente quattro volte mi sono avvicinata al target, ma senza successo. Le altre volte sono state un disastro: un pomeriggio, per esempio, io e le mie sorelle ci siamo acquattate dietro a un cespuglio al parco, abbiamo atteso con pazienza che passasse un giovanotto aitante e quando ce lo siamo trovate a tanto così, Dana è saltata fuori con uno spruzzino in mano, pieno zeppo di una sostanza trasparente che puzzava di curry e piedi. Inutile dirvi che non solo non ha sfrigolato la pozione, ma l'umano è pure corso all'impazzata con le mani sugli occhi gridando che qualche psicopatico l'aveva aggredito e che non vedeva più nulla. Dopo questo  spiacevole episodio siamo saltate in sella alle scope (io salgo con Theresa, perché prima del diploma non si possono nemmeno cavalcare le scope) e siamo tornate in tutta fretta nella nostra casetta al limitare della foresta.
Per molti giorni ho studiato il metodo adatto e non ne sono mai venuta a capo. Per di più, nel giorno del proprio cento diciassettesimo compleanno è assolutamente vietato fare uso della magia prima dell'inizio della cerimonia. Insomma, stamattina mi sono svegliata sbarrando gli occhi, invasa dal terrore, finché un delizioso profumo di focaccia appena sfornata mi ha solleticato le narici. Dovete sapere che mia sorella Theresa ha l'abitudine di preparare la focaccia nei giorni importanti, come un compleanno, o il giorno del solstizio d'estate ecc. Tutti amano la sua focaccia e lei insiste che è tutto merito di un ingrediente segreto che tanto segreto non è, siccome sappiamo tutti che è l'acciuga. Io e Dana siamo convinte che quest'ultima non sia l'elemento che la rende così buona e che Theresa potrebbe evitare di aggiungerla, ma lei risponde sempre che è 164 anni che la fa così e non cambierà mai la ricetta vincente.
Comunque, passo tutta la giornata seduta sul portico a mangiare la focaccia di Theresa e ad ascoltare svogliatamente Dana che mi dà consigli su come comportarmi davanti ai 3 giudici supremi della Congrega: "Non sbadigliare, stai composta, scandisci bene le parole, fai attenzione alla quantità di ogni singolo ingrediente e soprattutto non grattarti mai; so che la tunica di flanella prude, ma il giudice Sabila detesta che le snobbino la vestaglia, sai l'ha scelta lei per le cerimonie, al Sabba del 1754".Sarà una bella gatta da pelare questa Sabila, me lo sento.
E infine arrivano le 22.50. Inizio a sudare tutta, un po' per quel sacco verde che devo indossare e un po' per il terrore. Il sudore mi fa scivolare dalla scopa di Theresa un paio di volte, ma finalmente arriviamo alla cerimonia sane e salve. Il calderone è già pronto, così come i due giovani umani per il sacrificio, un ragazzo e una ragazza. Tranquilli, non faremo loro del male (a parte la padellata in testa che devono aver dato a entrambi per addormentarli e legarli)dobbiamo solo far bere la pozione a Lui e aspettare la sua reazione quando vede Lei. Poi tutto sarà finito per loro e per me invece sarà un nuovo inizio!
Scoccano le 23.
Il buio, il caldo, gli occhi di 13 streghe puntati su di me,  la focaccia di Theresa che mi fa le capriole nello stomaco: "Ebbene, sorelle." dice Sabila con voce solenne "Siamo qui per giudicare la nostra sorella Zira. Coraggio, sorella. Prepara il filtro, rendi immortale l'amore tra questi due giovani"
Io inizio, sbirciando di tanto in tanto le mie sorelle che cercano con lo sguardo di indicarmi il procedimento. Un po' di curcuma, sale, peli di tarantola, piuma di piccione ed ecco qui. Appena pronuncio la formula magica per attivare l'intruglio, un poco rassicurante fungo di fumo verde scaturisce dalla pozione. Mi giro verso Dana e Theresa, con lo sguardo perplesso. Prendo il mestolo, lo avvicino alle labbra del ragazzo  ancora addormentato e gli faccio bere il liquido. Poi lo slego e lo sveglio: lui si guarda intorno, poi una luce gli trapassa gli occhi, si alza di scatto e corre a stampare un bacio appassionato (con tanto di lingua!) a...Farka! La vecchia fattucchiera!
Io sbarro gli occhi, la visione mi ha sicuramente fatto digerire la focaccia, le altre streghe inorridiscono. Non sarebbe dovuta andare così, affatto. Solo Sabila non batte ciglio, ma prende la sua scopa e tira una cosiddetta legnata sui denti al povero ragazzo, che cade a terra svenuto. La vecchia Farka si ricompone, facendo trasparire un po' di imbarazzo da scolaretta, mentre io mi nascondo dietro ai mantelli delle mie due sorelle con il viso tra le mani e attendo il verdetto negativo. Sabila confabula con le altre, indicando ora me, ora la vittima e ora la vecchia strega che ha ricevuto forse il primo bacio di tutta la sua lunghissima esistenza, e infine il cerchio si apre: "Zira, il consiglio ha decretato, dopo una più approfondita analisi del caso, che niente era sbagliato nel procedimento della tua pozione, dopo tutto l'umano è stato pervaso da un forte sentimento di amore  ed è questo che conta. Per questi motivi, ti conferisco il diploma di strega di primo livello, con la speranza che con la pratica, migliorerai i tuoi filtri d'amore."
Io e le mie sorelle esultiamo, ci abbracciamo e, dopo aver chiesto scusa all'onorevole Farka, torniamo verso casa con le scope sotto braccio, a piedi. Per goderci quella notte magica e luminosa e respirarla a fondo. Nel cortile della nostra villetta sgangherata, appoggiata a una colonnina del porticato c'è una scopa fiammante; guardo con le lacrime agli occhi Dana che mi dice con un sorriso smagliante: "Congratulazioni, nuova strega, ora potrai andare in giro da sola con la tua nuova scopa". "Beh, non è proprio nuova,-afferma Theresa- è di seconda mano ed ha almeno 70 anni alle spalle, ma per ora ti basta questa."
E niente. Questa frase non l'ho sentita, ero già in cielo, che svolazzavo in modo sconnesso vicino alla luna.

Questo racconto lo dedico alla mia mamma e a mia sorella, perché in fondo noi tre siamo sempre state un po' streghe a cui piace la focaccia.

venerdì 22 luglio 2016

Giorno 35-L'epopea del ghiacciolo

L'epopea del ghiacciolo

A tutti è capitato in quelle tremende giornate afose di mangiare un rinfrescante ghiacciolo...ma ci credete se vi dico che in 23 anni della mia vita sono riuscita forse 4 volte a mangiare un ghiacciolo per intero senza che mi cascasse almeno un pezzetto immancabilmente sulla coscia?
Poi sono sicura che è successo spesso anche a voi, di conseguenza sapete benissimo cosa accade quando vi spalmate addosso un ghiacciolo: quello si scioglie e vi lascia tutte appiccicose, diventate carte moschicide ambulanti.
Ieri però, è successo. Sono riuscita per la quinta volta (vi giuro, le sto contando da una vita) a mangiare tutto il ghiacciolo senza sporcare!
Fare merenda teoricamente dovrebbe essere quel momento di relax in cui ti godi la pace e non pensi a nulla. Per me mangiare il ghiacciolo è alquanto stressante; quando devi pensare a come mangiare una cosa, poi alla fine non te la gusti.
Obiettivo che mi sono posta ieri: <<ok, hai un bel ghiacciolo bianco, lo volevi giallo ma non lo vende quasi nessuno, quindi accontentati. Sei sul pianerottolo esterno di casa, pieno di polvere a causa dei lavori nella tua cucina e in quella della vicina, se fai cadere anche solo una goccia di sciroppo a terra, poi devi cambiare la piastrella, perché con quella polvere maledetta diventerà un cristallo indistruttibile; l'unica soluzione è far cadere la gocciolina o l'intero blocco sui vestiti o sulla coscia, come al solito, so che non ti piacerà, ma è inevitabile. Ascoltami bene, se dovesse capitare, molli tutto e corri a pulirti al lavandino...se la polvere ti attacca, diventerai una statua.
*mumble mumble* OPPURE ci sarebbe un'altra soluzione...avanti Alice, so che puoi farcela>> <<so cosa intendi Altra-me, ma no, è impossibile, non riuscirò mai a finire il ghiacciolo senza farlo gocciolare. Sai quanto è raro l'evento, l'ultima volta è stata l'estate 2013, io non so se sarò in grado>> <<TU PUOI FARCELA Alice, io credo in te, ora attacca!!>>
Apro il ghiacciolo e già resto delusa, perché non si forma il filo  di sciroppo tipico di quando liberi il bastoncino dall'involucro, forse c'è una possibilità di non appiccicare, se c'è così poco sciroppo *omnom* no ce n'è tantissimo, mi sporcherò, sarà la fine. Stacco pezzettino per pezzettino l'arma deliziosamente letale, divento quasi sicura di me, tanto da avere il coraggio di aprire un libro e non temere che si macchi, nonostante lo tenga a debita distanza da me. Eccoci, siamo al punto decisivo: ora ci stiamo rovinosamente avvicinando al bastoncino, c'è tanto così di ghiacciolo da un lato e altrettanto dall'altro. Ok, sangue freddo e ragiona: se stacchi di qui crolla tutto. Se dai un morsino qui invece potrebbe rompersi, ma se non vai in panico, magari riesci a tenerlo in equilibrio sul bastoncino, cosa improbabile, ma si può tentare. Altre soluzioni? Sì, mangiarmelo tutto in un boccone, ma rischiare di congelarmi i neuroni. No, troppo rischioso, andiamo con l'opzione numero due e preghiamo che non succeda nulla. Avvicino la bocca al blocchetto di ghiaccio, una musichetta da film western nel momento del duello mi rimbomba nelle orecchie (clicca play sul video in fondo al post!), ci siamo...apro le fauci, sporgo i denti (che sono già abbastanza sporgenti da soli) e do un morso impercettibile, una carezza allo sciroppo. Mi aspetto che tutto il mio impegno vada in frantumi insieme al ghiacciolo, ovviamente sulla mia coscia che ho usato come riparo per evitare di macchiare il pavimento. Chiudo gli occhi, allontano il bastoncino e....MIRACOLO è tutto intero! WOW! Ora con tutta la calma, fai la stessa cosa dall'altro lato e pareggia. Se ci riesci, poi ti basta dare un bel morso e tutto sarà finito. Piano piano *tictic* fanno i miei denti, come quelli di un cricetino e tutto resta inspiegabilmente intero. Mangialo tutto, mangialo tutto prima che sia troppo tardi! *ooommm* è fatta! applausi, inchino, sventolo il bastoncino con espressione vittoriosa e resto lì a godermi il mio libro per qualche minuto ancora.
Tutto questo è successo mentre Demmy era in bagno a giocare col cellulare e Cora si stiracchiava vicino a me, con aria annoiata. Insomma, nessuno era interessato alla mia vittoria e io non l'ho nemmeno decantata come il mio solito. Ho salvato il pianerottolo e nessuno a parte i lettori del mio blog lo saprà mai. Sarò l'eroe silenzioso, come Batman o quello che ha inventato i cerottini per i piedi.
Fiera di me.

martedì 19 luglio 2016

Cucina con Alice-L'insalata di pasta

L'insalata di pasta

Vi chiedo scusa per la mia assenza prolungata, ma in estate non ho voglia nemmeno di alzarmi dal letto, se non per andare al mare o al lavoro. Ad ogni modo, oggi aggiungiamo un post alla rubrica culinaria del blog; un po' mi vergogno, ve lo confesso, perché l'insalata di pasta è una ricetta velocissima e semplicissima, ma io la metto comunque, chissà, magari diventerò famosa per aver creato la più buona insalata di pasta del mondo! E poi che altro volete mangiare se non cose freschissime, con sto caldo? 

NB  con le insalate di pasta, ma un po' con tutto se avete notato, esagero un pochino con le porzioni, perché sono una golosona cicciottosa

Ingredienti per 2 persone:
  • mezze penne rigate 200g
  • due zucchine medie o una grande
  • mozzarelle mini mini
  • olive verdi
  • pomodorini
  • olio q.b.
  • sale q.b.
  • pepe q.b.
  • un paio di foglioline di basilico decorative
  • aglio (facoltativo)
  • capperi (facoltativo)

Dunque semplicissimo: fate bollire dell'acqua salata e metteteci dentro la pasta e le zucchine tagliate a dadini, attenzione perché le zucchine bollite cuociono in circa 7 minuti, quindi regolatevi col tempo della pasta. Tic tac tic tac il tempo passa, scolate la pasta e mettetela sotto un getto di acqua fredda per bloccare la cottura, non dirigetelo diretto sulle zucchine altrimenti si spappolano tutte. 
Intanto in una ciotola tagliate una decina di pomodorini ciliegio in otto parti, tagliate le olive denocciolate a rondelle. A questo punto mettete tutto nella ciotola insieme a un pochino di olio e a un quarto di spicchio d'aglio tagliato a pezzi non troppo fini e ai capperi leggermente schiacciati (aglio e capperi sono naturalmente facoltativi, io ne sono quasi diventata dipendente!). In questo modo si formerà un sughetto delizioso, tra olio, acqua dei pomodori e capperi. Ora,  prendete le mozzarelline mini mini (al Conad la marca è Tigre, costano pochissimo e sono davvero minuscole, infatti la prima volta che ho aperto la confezione mi aspettavo le solite mozzarelline ciliegine e invece queste sono anche più piccole e sono gustosissime!). Ora è il momento di aggiungere pasta e zucchine, girate un po', aggiustate di pepe e sale e se necessario aggiungete un altro filo di olio.
Ed ecco qui la mia insalata di pasta, ovviamente ce ne sono tante varianti, ma a me piace farla tricolore, a differenza di quella di riso in cui faccio un tripudio di colori e sapori.
Il risultato a occhio è questo


TADAAAN! ora vado perché sto sbavando sulla  tastiera, omnom che fame che mi fa venire questo post! Ditemi che ne pensate di questa ricetta, so che è una cavolata farla, ma come sapete, io do consigli ai pasticcioni come me e quindi non è detto che non diano fuoco alla cucina preparando qualcosa per nutrirsi. Se poi hanno amiche come le mie che quando chiedi di uscire sul balcone a prendere un paio di foglie di basilico e tornano con quelle del mio baby girasole siamo proprio a cavallo. Sì, è successo veramente...Non chiedete i dettagli, vi prego, non c'è molto altro da aggiungere purtroppo.

venerdì 17 giugno 2016

Giorno 34- Izzy

Izzy

Entrò in casa e si scrollò la pioggia di dosso. Non amava quel tempo uggioso, la faceva sentire triste, vecchia, più stanca. Si sedette al suo solito posto, vicino alla finestra. Le piaceva stare lì: vedeva passare la gente, là oltre quel vetro tempestato di aloni e immaginava le loro vite, chissà magari lente e solitarie, proprio come la sua.
Si stiracchiò un poco; quel maledetto autunno le entrava nelle ossa, il freddo le bloccava la schiena. Eppure anagraficamente non era così vecchia quanto il suo umore di quel periodo la faceva sentire. Certo, non riusciva più a correre senza sosta per un giorno intero e la sera avere ancora energia, ma non era ancora il momento di poltrire sul divano da mattina a sera.
Quando si sedeva su quella sedia che le dava una perfetta visuale dell'esterno si sentiva più viva. Talvolta si chiedeva cosa avesse fatto nella vita; avrebbe lasciato la sua impronta in questo mondo? Faceva spesso quei viaggi interiori e finivano sempre con la stessa frase: "Ma sì, Izzy, c'è ancora tempo". Quella volta accadde qualcosa di diverso. Decise di prendere in mano la sua vita, di fare le cose che prima non avrebbe mai fatto. Forse in ogni caso non avrebbe lasciato un segno tangibile della sua presenza ai posteri, ma avrebbe vissuto la più straordinaria delle vite, questo era sicuro.
Una volta aveva sentito dire da uno dei tanti intellettuali occhialuti che Elena (la sua coinquilina) invitava per un drink (cosa mai ci trovava in quegli individui), che il miglior modo per essere felici è affrontare e vincere le proprie paure. Non doveva pensare molto alla cosa che temeva di più in assoluto: tuffarsi. Quando era molto piccola, in un pomeriggio d'estate appiccicosa, qualcuno (forse zio Joe) l'aveva buttata in un canale piuttosto profondo, così, senza preavviso e lei tutta piccola e indifesa si era dovuta barcamenare non poco per riguadagnare la terraferma. Sì, quello la terrorizzava.
Ma chissà, forse quel pomposo topo di biblioteca che le aveva persino fregato il suo abituale posto sul divano intendeva qualcosa di più profondo,  forse non era l'affrontare la paura dell'azione, ma dell'inazione: le paure più recondite, quelle che ti attanagliano la notte e non ti fanno dormire. Lei non dormiva molto di notte da anni. Le piaceva girare per casa, bere del latte, osservare quelle luci alte in cielo, le stelle, ed ascoltare; si sentono i rumori più curiosi la notte: auto che sfrecciano, cani che latrano, lo sciacquone dei vicini, per non parlare del loro neonato marmocchio, che piangeva in continuazione. Non le piacevano affatto i bambini: creature troppo goffe e allegre per la sua anima oscura. Non era cattiva, non lei. Diciamo che non era il tipo da relazioni sociali stabili. Eccolo lì il problema...non aveva amici, non si faceva avvicinare da nessuno, ogni volta che qualcuno tendeva la mano verso di lei, si ritraeva con una espressione svogliata. Non voleva aiuto da nessuno, lei. Anche sua madre, che l'aveva lasciata troppo presto, intuiva il suo malessere e la spronava ad essere più gentile. A che serviva, la gentilezza?
Ma ora....ora che aveva raggiunto la piena maturità e che sentiva, anche se in lontananza, i sospiri della vecchiaia, aveva un vuoto dentro di sé: "Non ho mai espresso i miei sentimenti- pensava- non ho mai fatto capire a Elena, la mia unica famiglia, quanto la amo e quanto le sono grata, perché si prende cura di me sempre, anche quando faccio l'antipatica". Doveva agire, prima che fosse troppo tardi. Sentì la chiave girare nella toppa. Era Elena, era tornata presto quel giorno. Si rizzò di scatto e balzò tra le braccia della sua umana, miagolando sommessamente. "Non è così male, in fondo", pensò mentre premeva il nasino contro la spalla della padrona, che le accarezzava il pelo, morbido e fulvo, come quello di un tigrotto senza strisce. Sì, aveva deciso: avrebbe vissuto la migliore delle vite, forse una delle nove che si crede che i gatti abbiano, ma sicuramente la più bella.

domenica 12 giugno 2016

Giorno 33- Un universo di lingue

Un universo di lingue

Martedì ho dato il mio primo esame all'università nuova, quella di Trieste. Era un esame relativamente piccolo da soli 6 crediti di filologia romanza (materia che tra l'altro mi piace molto) che io, dall'entusiasmo, ho iniziato a studiare due mesi prima. 
Valeva tanto per me, quell'esame, non tanto per la media o per che altro, ma perché era il primo esame che sostenevo mentre lavoravo 8 ore al giorno quasi tutti i giorni e avevo paura di fallire e di confermare la teoria un po' cliché che se lavori non hai troppo tempo per studiare. 

Sabato: tre giorni all'ora x

Inizia sabato ad arrivarmi l'angoscia, continuo a pensare all'esame e ogni impegno che ho lo rapporto a quella data; un esempio: venerdì prossimo mi scade il libro in biblioteca, devo riconsegnarlo, dài che quel giorno l'esame sarà passato. Vado per la seconda volta a  recuperare i libri già studiati in biblioteca, per non arrivare a mani vuote davanti al prof e con mia sorpresa nessuno li aveva prenotati a parte me. La cosa mi stupisce, perché a Bergamo tutte le copie dei libri d'esame della provincia sono praticamente introvabili tre giorni prima dell'appello, comunque esco dalla biblioteca coi libri in mano e penso: "Eh che ccculo! " (perdonate il francesismo)

Domenica: due giorni all'ora x

 l'ansia sale e dico a Dimitri davanti a un bicchierino di vino e a un po' di pane con lonza che per ogni prova che sosterrò all'università, ci sarà una scusa adeguata per cui mi sentirò agitata. La scusa di questa è che è il primo esame.

Lunedì: un giorno all'ora x. Allerta massima

è sera. Vorrei dirvi che ho passato tutto il giorno a ripassare, ma mentirei. Ho passato forse un'ora a sfogliare svogliatamente il quaderno in cerca delle ultime cose, quelle che mi sono rifiutata per due mesi di ricontrollare, tipo l'insieme di varietà romanze rumene. Non che pensi che la lingua rumena non sia importante, lungi da me, ma perché non si collegava nulla del resto del discorso a quel tema e delle cose isolate io non so che farmene. Comunque, non è un ripasso intensivo, guardo il quaderno e poi uh, un uccellino, no, stai attenta a quello che leggi, ehi Cora, ciao, vieni a sdraiarti qui vicino, oh aspetta che chiamo Marta che è un po' che non la sento. Arrivano le sette e in ogni caso quello che c'era da rivedere era rivisto. Preparo il mio zainetto arancione: i tre libri da riportare in biblioteca in caso di riuscita dell'esame, l'astuccio, il portafoglio con dentro la tessera universitaria, una merendina per i momenti bui ("chissà quanto dovrai restare lì", penso facendo riaffiorare in mente quella volta che sono tornata a casa alle 9 di sera, dopo un esame all'unibg!). Controlliamo il meteo: sole. Bene, gli esami col sole mi piacciono, e poi voglio andare in uni in bici. Vado a letto e mi leggo quasi tutto un romanzo. Poi mi addormen......

Martedì: l'ora x

Mi sveglio a un'orario decente con i postumi di una sbornia mai avvenuta: barcollo e la testa mi gira. Mi raccomando, colazione leggera perché mi viene da vomitare. Mi vesto, arraffo le chiavi, scendo al primo piano, recupero la bici e parto. Sfreccio per il viale e sento la bici che fa dei sobbalzi ritmici; non ci faccio molto caso, in fondo sto passando su dei mattoncini di pietra, la ruota deve fare fatica sulle intersezioni. Sì, era molto plausibile come deduzione, se non fosse che 200 metri dopo passo su una zona pavimentata in marmo e io continuo a sobbalzare. Mi fermo, tocco la ruota anteriore ed è completamente a terra: "J'accuse!!" pronuncio ad alta voce, sentendomi una deficiente subito dopo, perché urlare parole apparentemente senza senso ferma a un semaforo qui a Trieste vuole solamente dire che sei uscita dal manicomio grazie alla Legge Basaglia. Ad ogni modo: "J'accuse!!", "Sabotage!!" qualcuno ha manipolato la bici, ah ma me la pagherete uno per uno dopo che sarò tornata dall'università, non so bene con che mezzo.
Arrivo alla sede con la mia bici sgangherata, grondante di sudore per lo sforzo doppio provocato dalla ruota piatta, chiedo dove si trova l'aula e apprendo che è al quarto piano. Mi sale la disperazione: salgo il primo piano con la lingua sotto i piedi e decido di prendere l'ascensore. Con un clangore si apre lugubre la porticina, io entro e cerco il tasto quattro; ma nessun tasto era presente, solo un telefono con cornetta appeso alla parete. Che diavoleria è questa? No no no no no, esco dall'ascensore e prendo le scale, non voglio morire in un ascensore arrugginito, piuttosto mi faccio esplodere il cuore. 112 scalini dopo arrivo all'aula e il paesaggio desertico davanti a me mi fa prospettare un esame veloce e indolore: solo 4 persone erano sedute a ripassare freneticamente. 
Ecco il prof, esattamente come me l'ero immaginato: alto, vecchio, con una faccia ovale, il nasone e gli occhialini. Scambia qualche battuta e dopo solo mezz'ora di attesa arriva il mio turno. 
Entro nel suo studio, pieno di libri e con un odore di studio medico, mi siedo e parto con l'argomento a piacere, mi interrompe sempre e non riesco a tenere il filo del discorso. "Signorina, ma perché in arabo al plurale pronuncia così?" "Lei che lingue ha studiato alla triennale, mi scusi?" "Ah quindi l'aspirata è da pronunciare?" "Ha studiato anche il tedesco?" e qui arriva la frase fatidica: "Signorina, ma Lei è un universo di lingue!" alla quale rispondo sorpresa: "Chi, io?" lo guardo con occhi dubbiosi di chi sta guardando una torta che forse non lieviterà mai e mi scappa un sorriso sotto i baffi. Nessuno mi aveva mai detto una frase del genere, ovviamente divento rossa e mi viene la faccia timida di Whoopi Goldberg che interpreta Celie nel film Il Colore Viola. 
Ma che sta dicendo questo pazzo, intende proprio me? Mi gonfio tutta all'interno, all'esterno la faccia col sorriso da imbecille permane mentre continuo a parlare. 
Insomma, 40 minuti dopo io me ne vado a casa con un 29 in saccoccia, la bici claudicante e una sensazione di orgoglio e soddisfazione raramente provata prima. Il prof mi saluta così: "Signorina, non le do 30 perché mi ha fatto morire Carlo Magno 115 anni dopo". No, niente frasi strappalacrime. Solo questo, che potremmo interpretare con: "Sono stata bravissima, ma devo ricordarmi che c'è ancora tanto da imparare".
Evvai!

lunedì 6 giugno 2016

Giorno 32- Tarocchi dal passato

Tarocchi dal passato

Oggi vorrei parlarvi di altre due vicine di casa, giusto per fare un po' la pettegola e per darvi un quadro quasi completo della gente che abita nel mio stesso palazzo. C'è da dire che sono le donne, quelle che mi interessano di più, anche se avrei molto da dire sul vecchietto che Demmy ha soccorso ubriaco marcio sdraiato sul suo pianerottolo....Comunque, dopo  La signora P. vi presento due belle signore, di circa 70 anni, che abitano l'una al terzo piano e l'altra al primo e che sono come cane e gatto, come il cappuccino con la pizza (gente tedesca, assimilate il concetto), come Renzi e la lingua inglese. Insomma, si odiano. Ed è del tutto comprensibile, perché sono completamente diverse: una è madre di famiglia, l'altra abita sola e ha un fidanzato che la raggiunge nei weekend che lei chiama "Il Friend". L'una è pacata e coi piedi per terra, l'altra è una sognatrice accanita, che gira per il mondo. Una fa la dolce mogliettina e l'altra legge i tarocchi di professione. Quando ho sentito quello che faceva ho dovuto trattenere una risata: lo so, sono cattiva, ma io 'sta cosa del destino scritto nelle carte non la concepisco proprio. Contando che ho passato una serata con questa signora ed è trasparita (senza riferimenti espliciti) la sua feroce antipatia verso la donnina del terzo piano (la matrona) potrei dire che io ho saputo leggere i tarocchi del passato, nel senso che inquadrando il tipo di persona che è lei, ho automaticamente inquadrato il tipo di donna che è l'altra e, sapendo che vivono qui entrambe da 40 anni, ho iniziato a farmi filmini mentali, su come queste due siano diventate nemiche.
Mi immagino una tutta acqua e sapone, un po' rompi balle, con due o forse tre figli che le girano intorno anche mentre fa pipì, con un marito che si spezza le ossa per portare a casa un bel gruzzolo e lei che si occupa della casa; questa un giorno sale le scale, che ai tempi erano ancora una passeggiata per lei da fare, e incrocia una hippie, con addosso accessori in pelle (che produceva lei!), collanine e sandaletti e che la salutava (o forse si sono sempre guardate in cagnesco?) con una voglia di vivere che rasentava l'impossibile e che non si sapeva bene quando, se, come e con chi sarebbe di nuovo tornata a casa. Chissà, un po' per invidia, un po' per incomprensioni banali, magari che riguardavano la vita condominiale e forse anche un po' per ragioni politiche (ma questo non lo posso sapere) queste due si sono ritrovate a detestarsi e quando le incontri hanno spesso da lamentarsi l'una dell'altra, senza però pronunciare il nome della rivale.
Io vorrei, fra 50 anni, trovarmi a metà tra le due: non essere né troppo rigida, né troppo farfallona. Vorrei avere la stessa stabilità della signora del terzo piano, ma anche la vitalità di quella del primo.
Una cosa categorica, però ve la chiedo: se inizio a leggere i tarocchi e/o a sfracellare i cocomeri giorno e notte prendetemi a sberle! Sia chiaro, mi piacerebbe poter acquisire le qualità delle due, ma con i difetti non vorrei avere nulla a che fare; sarei una bomba a tempo!
Ad ogni modo queste due signore mi piacciono assai, anche se una delle due mi è leggermente più simpatica dell'altra; no non vi dirò quale delle due preferisco, d'altronde io e Demmy veniamo coccolati da entrambe, quindi dobbiamo essere carini e doppiogiochisti! 

sabato 28 maggio 2016

Giorno 31-Un'allegra ragazza (quasi)morta in bicicletta

Un'allegra ragazza (quasi)morta in bicicletta

Ho rotto le balle a praticamente mezzo nord Italia, continuando incessantemente a sospirare pensando alla mia bicicletta, messa a nuovo un anno fa e rimasta nel gabbiotto del giardino di casa a Boltiere. Sognavo di andare in bicicletta per le vie di Trieste, sfrecciare verso la biblioteca e quando avrei avuto esami, lanciarmi verso l'università con il mio zainetto in spalla, sulla mia fiammante bicicletta vintage nera...
Ora che il sogno si è realizzato e sono riuscita, non chiedete come, a ficcare in auto la bici e portarla qui, poi farla montare da Demmy e trovarle un posto semi sicuro nel cortile del piano ammezzato, e dopo aver finalmente avuto l'occasione per fare una bella pedalata, seppur breve, mi accorgo che il sogno tanto sperato è in realtà un incubo
Cose ovvie che ho realizzato di Trieste, a cavallo di una bici:

  • Tutte, e intendo proprio TUTTE  le strade sono in salita. TUTTE. Anche se talvolta è minima, la pendenza c'è. E sapete cosa? Da qualsiasi verso la prenda, che sia in salita o in discesa, la strada sarà o pericolosa o faticosa per una polpetta che non fa tre piani di scale senza morire e che ha una bici con il freno posteriore fuori uso. Grande. Quindi in salita sudo come una bestia e in discesa rischio la vita o, quanto meno, la suola delle scarpe, a furia di strisciare per fermarmi prima di andare a sbattere
  • Quando sei in bicicletta, anche se rispetti tutte le norme della strada (che sapete che io faccio, perché sono una persona prudentissima), ti ritroverai sempre in un limbo, in cui nessuno ti considera: non sei né vulnerabile a pedi e nemmeno potente in auto. Sei lì, con un veicolo lento ma considerato giustamente un veicolo. Di conseguenza i pedoni non hanno paura di te e si lanciano sotto alle ruote con la pretesa che tu (senza un freno) riesca a fermarti in tempo. E i veicoli veloci ti ignorano, quindi ti tagliano la strada, fingono di non vederti ecc.
  • Trieste è una città; ciò significa che ha circa 193.000 abitanti più di Boltiere e che sono tutti incavolati neri, specialmente quando vanno in auto. Ma d'altronde questa è la dura legge della città, capita a tutti di diventare senza scrupoli quando giri per il centro in auto, succede anche a me.
  • Trieste è un labirinto senza fine di sensi unici e transiti vietati eccetto agli autorizzati: contando che mi sono fatta ben 650 metri (di puro terrore, vorrei aggiungere) in bici e che ci metto 10 minuti a piedi per tornare a casa, tenendo conto anche del semaforo per i pedoni che becco sempre e immancabilmente rosso, ho pensato che ci avrei messo circa sei minuti per fare la stessa distanza in bici. Sciocca...i sensi unici sono talmente impervi che quei miseri 10 minuti a piedi sono diventati 15 in bici. Devo però ammettere che è stata colpa mia, perché ho sbagliato a entrare in quel vicoletto per evitare il traffico e lì mi sono ritrovata a fare la pedina a forma di bicicletta del Monopoli, spostandomi seguendo un tabellone prefissato dai cartelli stradali.

Il sogno Green è diventato l'incubo Nero. Io però non mi arrendo e nei prossimi giorni andrò anche a riportare i libri in biblioteca e a dare un esame in bicicletta! Però ho capito che farò un giro di prova il giorno prima, non sia mai che sbagli strada e arrivi in ritardo all'appello. Sarò già abbastanza agitata.
Ora vi lascio con una canzone che riguarda la bicicletta e a cui collego molti bei ricordi.

Buona pedalata!


sabato 7 maggio 2016

Giorno 30- Verde veleno


"Pennacchi di fumo esalavano dalle condutture, illuminati dal basso di luce rossa, blu o verde veleno" J. R. R. Tolkien, Il Signore degli Anelli
Stavo scrivendo un altro post prima, ma poi mi è tornata in mente questa frase e non ho smesso di pensarci per un po', finché ho deciso che era il caso di dedicarle un unico post.
Questa, signori miei, è una delle frasi più evocative che conservo nella mente. Sì, ce ne sono altre, molto più profonde, ma questa è la mia preferita. La cosa che la rende così speciale è l'uso del termine "verde veleno" che le conferisce la nota peculiare di cui parlavo prima. Immaginate...siete lì, sperduti nella Terra di Mezzo, vi state guardando in giro, grazie alla sapiente penna di un artista esperto come il buon caro Tolkien, davanti a voi, in lontananza, si erge un'enorme struttura, la struttura del Male, quello con la M maiuscola e voi vedete questa scena. Fumo che esce dalle condutture, che prende sfumature diverse. Una di queste è verde veleno. Verde veleno. Avrebbe potuto dire verde acido, verde pisello acerbo e invece no, ha usato la parola "veleno". ☠️
Mentre guardi, assapori il veleno, che ti entra nelle viscere solo osservando quello che ti trovi davanti.Una sinestesia azzeccata, per esprimere tutta la crudeltà che si cela dietro a quelle mura. Lì c'è la morte, o quantomeno un mal di pancia mica da ridere e una conseguente lavanda gastrica.

Io penso che questa immagine possa stare bene anche al mio carattere durante il periodo mestruale. Sì, se potessi dare un colore al mio stato d'animo, direi che durante il ciclo è proprio verde veleno, tutto è amplificato, spesso con valore negativo. Ogni minimo rumore ripetitivo mi manda su tutte le furie, la gente che mi parla in un determinato modo (o nel modo che IO percepisco) mi fa rispondere in modo stizzito e, soprattutto, ammazzerei per un po' di Nutella.

Ora che ci penso...ma è vero che dei veleni sono verdi? Cioè, mi spiego meglio. Il veleno delle vipere non credo sia verde, suppongo sia trasparente. E un'altra cosa che potrei supporre è che la maggior parte dei veleni sia trasparente, perché un colore così vistoso potrebbe insospettire no? Il lupo si veste da nonna per fregare Cappuccetto Rosso, immagino che il veleno si possa "fingere" acqua. A meno che tu non voglia proprio indicare che quel determinato prodotto è un veleno, e quindi colorarlo in modo appropriato per evitare che venga bevuto, un po' come i detersivi. Io non credo berrei mai una cosa di colore blu, proprio perché la si associa a qualche prodotto di pulizia.
Ok, ho appena scoperto, grazie a questo sito che ci sono moltissimi colori per i veleni insolubili in acqua. Sì però, nell'immaginario collettivo il veleno è verde. Come con la mela di Biancaneve della Disney.
Beh insomma, ho passato un post intero a dirvi quanto mi piacciono quella frase, la parola veleno e quel libro, uno dei libri migliori che abbia mai letto. E adesso mi è venuta voglia di rileggermelo tutto. Quando tornerò a Bergamo, chiederò a mamma se posso prenderlo in prestito.

Beh, siccome ho il ciclo...Buon sabato VERDE VELENO A TUTTI!

domenica 17 aprile 2016

Giorno 29- Memorie di una studentessa rediviva

Memorie di una studentessa rediviva

Finalmente, dopo ormai oltre cinque mesi dalla mia laurea, sono tornata a studiare. Cinque mesi.
Rapportato alla mia situazione universitaria, quei cinque mesi assumono il peso di circa due secoli, ma pensando poi che come lavoro faccio la tutor di lingue, mi sembro ancora una novellina, come se quella laurea fosse un brufoletto  appena comparso, stampato sul volto immacolato di una studentessa che decide di insegnare.
Ad ogni modo, il mio mood da studentessa è tornato dall'oltretomba, più carico e vivo di prima. 
La mia voglia di studiare è tornata in vita, come questa povera donna che, creduta morta, è stata sepolta e  una sera, dopo essersi svegliata dalla morte apparente, se ne è uscita tutta baldanzosa dalla tomba per andare a trovare i suoi parenti. La sua lapide dice: "Visse una volta, fu sepolta due volte"

Un'altra considerazione che mi viene da fare pensando al mio nuovo lavoro è il fatto che ora che ho ripreso a studiare per me e non per gli altri,  vedo lo studio dalle due sponde del fiume: da un lato ci sono io che muovo la manina, dando ai miei studenti compiti e cose da studiare con una faccia allegra ma piena di scadenze; dall'altro ci sono sempre io, con una pila di libri fra le braccia, che cerca di salutare l'altra me cercando altresì di non cadere nel fiume dello studio, anche io con la stessa espressione dell'altra me. Ora arriva il colpo di scena, tenetevi forte...fino a qualche giorno fa le due me erano separate dalle acque scroscianti, si vedevano, e si parlavano ma niente di più. Ora è stato costruito un ponte, che le due attraversano per aiutarsi a vicenda: ho riscoperto il piacere dello studiare in modo approfondito, come se ogni volta dovessi rispiegare l'argomento a qualcuno e renderglielo chiaro e, dall'altro lato, mi sono accorta di quanto sia facile imparare insegnando; è una sorta di do ut des, tu dài nozioni e loro in cambio di danno delle condizioni umane che ti fanno riflettere e che ti insegnano a gestire i rapporti con gli altri.
Non mi sento di dilungarmi oltre con questo post, così breve ma così ricco di significato per me, quindi vi saluto, con ogni parte di me, che sia al di qui o al di lì di chissà quale fiume e vi lascio con la foto del mio "piano di lavoro" su cui ho studiato ieri, perché mi sembra una foto alquanto esplicativa della mia situazione mentale e reale.
Da notare il rotolo di carta forno usata come carta trasparente per ricalcare le cartine geografiche. Un buono studente universitario si ingegna con gli strumenti che ha. Ho detto tutto.

giovedì 31 marzo 2016

Cucina con Alice- Il ramen fattimiei

Il ramen fattimiei

Eccoci con una nuova ricetta sfornata proprio stasera per il mio pancino e per voi lettori di passaggio. Questa ricetta si chiama Ramen fattimiei. 
Come alcuni di voi sapranno, il ramen è una zuppa giapponese fatta con noodle (spaghettini di riso buonissimi), brodo di carne o pesce e altri pochi ingredienti e, come tutte le zuppe, è un piatto molto povero ma nutriente.

Ora, io ho inventato un ramen tutto mio, preparato con comunissimi spaghetti e verdure e l'ho nominato fattimiei perché quando la gente che ne sa molto di ramen ti chiederà con stizza con cosa lo hai cucinato, tu risponderai prontamente: "Fatti miei". 
Premetto ovviamente che si discosta moltissimo dalla ricetta orientale e che la mia è una rivisitazione nostrana, anzi noSTRANISSIMA di questo piatto caldo, però vi assicuro che è tanto buona, tanto veloce da cucinare e tanto divertente da mangiare.

Ingredienti per 2 persone:
  • Una carota, pelata e tagliata a rondelle di spessore medio
  • una zucchina, tagliata a rondelle di spessore medio
  • un quarto di cipolla a pezzetti
  • mezzo spicchio di aglio
  • acqua q.b.
  • pepe
  • paprika e coriandolo (a piacere)
  • 130 gr ca. di spaghetti
  • un uovo
  • mais (a piacere)
  • un cubetto di dado di carne

Ok, bene, tagliate la cipolla e l'aglio, soffriggeteli in una pentola con un po' d'olio e aggiungete la carota e la zucchina (e il mais). Riempite la pentola di acqua e lasciatela scaldare senza coperchio fino al raggiungimento del bollore. Aggiungete il dado, il pepe (e le spezie) e lasciate cuocere la zuppa per cinque minuti. Aggiungete gli spaghetti spezzati in tre parti e lasciate cuocere il tutto. I tempi potrebbero variare in base ai tempi di cottura degli spaghetti, i miei sono pronti in sette minuti, ma regolatevi voi, calcolate in tutto poco meno di quindici minuti da quando l'acqua bolle.
Circa trenta secondi prima che gli spaghetti siano cotti, fate un mini vortice al centro del brodo e buttateci l'uovo leggermente sbattuto in precedenza. Quando farà dei filamenti bianchi e gialli spegnete il fuoco e la zuppa è pronta da gustare.

Volevo mettere una foto del mio ramen fattimiei, ma non è facile far sembrare invitante una zuppa così semplice, quindi userò la tecnica del "Fatti miei" anche in questo caso.

Ecco....se sostituite gli spaghetti con del pollo a cubetti vi uscirà la zuppa di pollo fattimiei. Ricordatevi solo che il brodo sarà appunto fatto di pollo e che  quindi dovrete prepararlo prima cuocendoci dentro il pollo (mi sembra ovvio), mettendolo da parte e poi fare tutti i passaggi del ramen fattimiei. Mi raccomando, CUOCETE IL POLLO prima delle verdure!

Ebbene, siamo giunti alla fine anche di questa ricetta un po' particolare, lo so, non giudicatemi; quando si abita senza la mamma che cucina e si occupa di te, si cerca in tutti i modi di mangiare bene ma senza perderci troppo tempo, quindi in qualche modo si deve diventare un po' cuochi di mondo, senza dimenticare però anche le proprie tradizioni culinarie. Provate anche voi a fare piatti di altre culture, sconvolgendone la ricetta per venire incontro alle vostre possibilità economiche ed alimentari! Vi divertirete un mondo e cambierete un po' il solito menù del giovane disperato che cerca di mangiare sano ed immancabilmente non ci riesce.

domenica 20 marzo 2016

Giorno 28- Looking for a job pt.6: Benvenuta all'Inferno

Looking for a job pt. 6: Benvenuta all'Inferno

Questa è la frase che ho sentito il mio primo giorno di lavoro. Certo non è tra le più incoraggianti, ma è sicuramente una delle più realistiche. Cosa faccio? Insegno. Insegno a ragazzi dai 15 ai 24 anni (principalmente, poi ho anche cinquantenni talvolta) le lingue straniere. 
Ma andiamo con ordine.

Tutto è iniziato quando un ente scolastico privato tra i più conosciuti e criticati d'Italia (orsù, avete capito a cosa mi riferisco) mi contatta, dopo aver letto un mio annuncio disperatissimo su Subito.it per la ricerca di un lavoro. Offerta del lavoro: tutor in lingua inglese, francese e tedesca, con insegnamento anche di lingua italiana per studenti delle medie. Occasione imperdibile per me, che sono tre anni che dico che voglio insegnare. Purtroppo nelle scuole statali non posso ancora insegnare, perché devo avere la laurea specialistica, ancora in corso per me, però questo lavoro mi permette di insegnare e guadagnare esperienza con due anni di anticipo, che non sono pochi. Comunque, fatto sta che, vedendo il mio entusiasmo e una parvenza di serietà (credo che abbiano capito che non ho tutte le rotelle a posto, ma si sono affidati tanto sulla mia proverbiale motivazione), mi offrono il lavoro e: "Signorina, lei comincia lunedì prossimo, non c'è tempo"...."Scusi?!? Ma ma....e i programmi? E i libri? Oh, qualcuno mi aiuti, non ve ne andate tutti." Fortunatamente io devo sostituire la responsabile didattica, che mi ha aiutata tanto nei tre giorni che mi restavano prima di lanciarmi nella vasca dei piranha, con un corso intensivo di: "Conosci i demoni, combattili e istruiscili per bene". 
Arriva il lunedì fatidico, mi sento tanto Matilda del film Matilda sei mitica! il suo primo giorno di scuola: ci mancava solo che mi mettessi con cura il fiocchetto rosso tra i capelli! Mi prendo la mia cartellina verde acido (eh sì, proprio quella che mi ha aiutato durante la stesura della mia tesi, se non sai a cosa mi riferisco leggi il post del Giorno 16) e mi avvio verso la sede, che guarda caso, è a 5 minuti a piedi da casa mia, in fondo al viale pedonale, quello dove ci sono tutti gli individui strani di cui ho parlato nei post precedenti.

Insomma, arrivo, tutta emozionata e imbellettata, con un sorriso enorme e tanta voglia di fare e "Dunque, vediamo, ora ho due ore con le medie, poi un'ora con le superiori e poi pausa di mille ore e uno studente individuale, sì dai, oggi possiamo farcela!"
Prima di entrare in aula vengo avvisata: "C'è una ragazza che è poco motivata, si arrabbia spesso e non si impegna, non darci troppo peso, vedrai che col tempo si abituerà, fai attenzione talvolta quando le capita qualcosa di brutto si chiude in se stessa". Ah....beh, ok, cosa ho detto prima? Posso farcela! Entro e in effetti questa ragazza, tutta vestita di nero, con trucco nero pesantissimo e capelli corvini ha una faccia poco convinta, mi guarda come se volesse incenerirmi con lo sguardo o cose simili e io cerco di rendermi simpatica e indovinate un po'? Ci riesco! Le lezioni successive è sempre presente (anche se entra con ritardi stratosferici) e talvolta abbozza anche dei sorrisi molto piacevoli, ma il pericolo di ricaduta è in agguato e si chiama Demmy....dovete sapere che Demmy, con il suo nuovo lavoro, passa spesso nell'edificio in cui lavoro e l'altro giorno, incrociando questa ragazza, ha la brillante idea di dirle in tono amichevole: "Ehi Morticia, che si dice dall'Aldilà?" per invitarla a spostarsi dall'ingresso. Ora....lui continua a ripetermi che aveva le cuffiette e che non lo ha sentito, ma la cosa che più mi ha sbalordita è: ma tonto che non sei altro, io ti parlo di tutti i miei studenti, ti parlo anche di lei, sei nell'edificio giusto, vedi un ragazza potenzialmente problematica e non ti viene in mente che sia quella di cui ti parlavo e che forse dovresti evitare di fare battute che potrebbero scatenare l'ira degli dei? La sua risposta è: "Ci ho pensato mentre pronunciavo l'ultima sillaba". Mi arrendo.....
Comunque, finisce la mia prima lezione e sono molto soddisfatta, mi reco verso l'aula degli studenti delle superiori e incrocio la tutor di matematica con un volto cadaverico e sconvolto. è lei, che mi dice la fatidica frase....Benvenuta all'Inferno.... Io abbozzo un sorriso e mi dirigo a passo lento verso l'entrata. Qui....vedo la scena svolgersi al rallentatore, con una musica apocalittica di sottofondo: dieci ragazzi, che lanciano palline di carta, con i piedi sul tavolo, che si stanno facendo in quel preciso momento dei dread (di dubbio gusto tra l'altro, erano davvero fatti male) con delle sigarette spente in bocca. Mi volto e mi allontano di poco e penso: "Ok, l'ho detto prima, posso farcela...no, non posso farcela, io me ne vado", vengo braccata dalla responsabile e cacciata nel girone infernale degli studenti svogliati. Sì, c'è un girone anche per loro. Le labbra mi si seccano e diventano delle prugne, fatico a parlare, come quando togli una dentiera a un vecchietto. Inizio la lezione e mi accorgo che è difficile insegnare, è tanto bello ma non è per nulla una passeggiata. Domani inizierò la mia terza settimana di lavoro (lavoro solo tre giorni a settimana, muahah) e sì, sono ancora convinta che fare l'insegnante è esattamente quello che voglio, anche se la testa ti diventa pesantissima e a fine giornata non riesci nemmeno a calcolare quanta pasta devi cucinare per due persone e anche se ti si screpolano le labbra perché parli per sei ore ininterrottamente. Sì, lo so che stentate a crederlo, ma anche io se parlo così tanto inizio a soffrire, mi ci vogliono delle pause, seppur brevi.
 Mi piace insegnare e la cosa che mi rende molto orgogliosa è che se entri nel mood dell'insegnamento, non ne esci mai. Mi spiego meglio: quando finisce la tua giornata non torni una persona normale, resti insegnante, l'orario di lavoro non è scandito così nettamente come potrebbe esserlo per molti altri lavori. Quando arrivi a casa devi preparare le lezioni per il giorno dopo, i programmi e le verifiche. Sei un'insegnante 24/24 h. Io penso che tutti dovrebbero fare il lavoro che più amano, in modo da svegliarsi la mattina e pensare come seconda cosa: "Oggi è una giornata meravigliosa, vediamo che posso fare per renderla ancora più speciale". Dico la seconda cosa perché la prima cosa che ognuno di noi pensa la mattina presto è: "Ancora cinque minuti, vi prego!". Non fate finta di niente, sareste dei bugiardi se diceste che non è vero.
Questa cosa mi piace molto. I just wanna stay right where I am, on the sunny side of the street"...Sul lato illuminato della strada.

martedì 8 marzo 2016

Giorno 27- Io, Biancaneve

Io, Biancaneve

Sono giorni che avevo intenzione di scrivere questo post e finalmente ho trovato un minimo di tempo e di forza per riuscirci: non sembra, ma scrivere un post, seppur breve può essere molto impegnativo e rubare molto del tuo tempo.

Oggi volevo fare una riflessione su me stessa: guardando i cartoni della Disney ci si immedesima sempre nei protagonisti e sicuramente ci si innamora di quelli che pensi rispecchino maggiormente la tua persona. Ecco...io, che li guardo da quando ero alta come un fagiolo,  fino a qualche settimana fa ho sempre creduto di avere come modello disneyano una Tiana de La principessa e il ranocchio, o Merida di Ribelle o perché no, Mulan...per capirci una con le palle, se vogliamo andare dritti al sodo e tralasciare l'arte delle belle parole. Io ero convinta, al 100% di essere una tosta, che metteva in soggezione, che amava le sfide e che non si lasciava intimidire, ma anzi nelle situazioni di pericolo, "fatti in là, cocco che mi salvo da sola". Le principessine dolci e tenere? Solo povere, deboli creature senza coraggio né iniziativa. 
Poi sono passati gli anni, sono cresciuta, sono cambiata e mi sono accorta di non sembrare affatto un'eroina né tantomeno una  che sa come gira il mondo, perché lei è più furba e non si fa fregare dalle situazioni. 
Ho scoperto di essere esattamente una di quelle bamboline che schifavo da piccola. Una di quelle che parla con gli uccellini e che quando qualcuno la incontra per strada non dice: "Wow, quella sì che è una mangia-uomini, una che accetta le sfide e vince", ma bensì esclama: "Uh checccccarina!!!!".
Io ho capito da poco, e non senza lunghe riflessioni ed espressioni di incredulità, che la principessa che più si addice al mio carattere (e ancora faccio fatica ad accettarlo, credetemi) è Biancaneve.


No, non la ribelle e coraggiosa Merida, e nemmeno la spigliata e determinata Tiana ma la dolce, piccola e buona Biancaneve. E' da un po' di giorni che ci penso, io non ne so nulla di come va il mondo, mi faccio fregare velocemente e ho il visino zuccheroso da brava persona, quella che potrebbe commettere qualsiasi crimine, perché viene spesso definita una ragazza tutta coniglietti rosa e arcobaleni. 
Beh, sapete che c'è,  non avrei mai creduto di poterlo dire, ma questa veste mi piace. Anzi la adoro! Tutti ti ritengono affidabile e con la faccia da coccole, non desti sospetti infondati (quelli fondati sorgono subito, perché hai l'anima troppo da innocente per nascondere le tue intenzioni con la faccia di bronzo!) e conduci una vita tranquilla. Ti piace stare a casa a preparare torte, guardare serie tv, leggere e talvolta fare qualche tuffo in mare. Non hai paura delle sfide, solo che non ti ci butti a capofitto perché potresti farti male, ma ci entri piano piano, come quando vai in piscina: ficchi il ditone del piede in acqua per accertarti che non sia troppo fredda, poi tutto il piede e poi pluff, ecco che ce la fai; e come nuoti bene!
La mia non è paura di tutto, ma è prudenza. Biancaneve era prudente, non fifona. Oddio...prudente non direi, fa entrare per bene tre volte la strega in casa dei nani, senza sospettare che forse accettare le cose dagli ambulanti che girano per il bosco non è proprio saggia come cosa. Sì, per la cronaca la Disney non lo dice, ma nella fiaba originale lo fa TRE DANNATE volte, non una sola! Probabilmente la Disney ha omesso le prime due volte per evitare che fosse bollata come una principessa deficiente. Ma anche qui spezzo una lancia a suo favore, visto che mi rappresenta: come ho detto prima, lei è solo coniglietti e arcobaleni, vede il buono in qualunque cosa e non considera  una possibile fregatura, perché pensa:"Ehi, perché dovresti prendere per il naso me? Io che ho questi occhioni grandi e che sono un distributore di amore?"
Beh, Biancaneve e tutte voi altre Biancanevi inconsapevoli, non importa, voi siete così, NOI siamo così e dobbiamo accettarci, perché tanto non saremo mai delle scaltre Cat Women, ma solo delle tenere, pasticcione ma tutto sommato felici Biancanevi... Nb. Chiedo scusa per il plurale di Biancaneve.