Garfield - Pooky
Mi sono trasferita da Bergamo a Trieste, lasciando la mia famiglia e la me-bambina. Purtroppo la me-combinaguai mi ha seguita e ogni tanto devo farci i conti e ammettere che è la parte di me che preferisco perché mi fa sempre parecchio ridere.

venerdì 12 ottobre 2018

Giorno 63- Siamo tutti un po' Eveline

Siamo tutti un po' Eveline

L'altro giorno ho riletto per l'ennesima volta Eveline, il racconto breve contenuto in Dubliners di Joyce. È proprio vero che spiegare le cose agli altri (più e più volte, tra l'altro) te le fa comprendere meglio. Dopo l'ennesima studentessa a cui ho spiegato questo racconto, che è quello che viene studiato più spesso nella letteratura inglese, ho capito che non solo io lo trovo uno dei testi più belli della letteratura letta da me sino ad ora, ma anche che, sotto sotto, siamo tutte un po' la protagonista di questa storia incredibile e al contempo insignificante. 

Momento, se non avete mai letto Eveline, prima di continuare a leggere questo post vi invito caldamente a cliccare sul link qui sotto, per leggere prima quello che Joyce ha da dire, tranquilli è breve.


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OK ora possiamo andare avanti. Quello che intendo è: non vi siete sentiti un po' Eveline almeno una volta nella vita? Quella orrenda situazione di paura che attanaglia quando c'è una scelta da fare, non sai se buttarti e rischiare oppure lasciare tutto come è. Personalmente questa ragazza mi rispecchia un sacco. Lei alla fine decide di non andarsene con Frank, rimane lì, con i sensi di colpa, lo sguardo vuoto e tutto il mondo esterno che vortica. Tante volte mi sono sentita così, prima di tutte quando ho deciso di andare a vivere a Trieste. Quello è stato sicuramente il passo più grande della mia vita e non mi pento di aver scelto di lasciare quel corrimano e salire sulla nave insieme a Frank. Però in altre situazioni, dove io mi pongo una scelta da fare, mi accorgo che scelgo sempre di restare. Insomma, diciamo che Eveline rispecchia un po' tutti noi, probabilmente una grande fetta della mia generazione si sente rappresentata da lei e non la biasimo. Poi va beh, c'è chi si sente rappresentato da personaggi della vita moderna decisamente più eccentrici ma non altrettanto degni di nota, sfortunatamente.
Eveline però è così: semplice, impaurita e carica fino alla punta dei capelli di responsabilità che le rodono l'anima e la fanno rimanere immobile a fissare la Dublino che si muove e cambia, mentre lei non cambia mai. La parola chiave di questo racconto è "paralisi". Voi a volte non vi sentite esattamente come lei? Paralizzati fisicamente ed emotivamente?

Vi confesso che ho iniziato a scrivere questo post mesi e mesi fa, perché mi sono trovata in un momento in cui sentivo che la mia vita era completamente immobile, vedevo la gente andare avanti e io rimanere al mio solito posto; poi tutto è cambiato e non intendo esternamente perché, se vogliamo dirla tutta, poche cose concrete sono diverse rispetto a quel periodo. Eppure è dentro che sento tutto diverso; la prima cosa che ho capito è che non vivo per i soldi e che se le cose che faccio mi fanno stare bene, allora sono sicuramente le cose giuste da fare. Poi ho capito anche che mi devo rilassare, perché qualsiasi cosa io stia facendo o non facendo è con i miei tempi che devo procedere. Devo essere ogni giorno migliore di quella che ero il giorno prima e non cercare di essere migliore di qualcun altro.
Un consiglio nel caso aveste anche voi questo momento di crisi mistica: prima di tutto, fate come Eveline e FERMATEVI! Guardate fuori dalla finestra la vita che scorre, ponderate le vostre scelte, individuate ciò che per voi è davvero importante e ciò che invece deve assolutamente cambiare (può essere anche solo un vostro atteggiamento). E poi, dopo aver fatto questo, NON fate come Eveline e MUOVETEVI!
Io mi sento di dover ringraziare anche James Joyce per essere una persona tutto sommato serena! Non sarò la persona migliore del mondo, ma una cosa è certa: cercherò di essere sempre la versione migliore di me! Grazie Jim!