Garfield - Pooky
Mi sono trasferita da Bergamo a Trieste, lasciando la mia famiglia e la me-bambina. Purtroppo la me-combinaguai mi ha seguita e ogni tanto devo farci i conti e ammettere che è la parte di me che preferisco perché mi fa sempre parecchio ridere.

venerdì 24 febbraio 2017

Giorno 45- Sugo o son desto?

Sugo o son desto?

Giorgio Belli aveva 43 anni, un lavoro, una casetta in centro, un gatto. Andava a trovare i suoi genitori tutte le domeniche e pranzava da loro; per l'occasione sua madre preparava sempre ravioli in brodo di gallina, poi si beveva un caffè e si andava sul divano a guardare la TV. Ogni due giorni Giorgio faceva jogging e il sabato partecipava anche a un corso di yoga. Questa vita era costante, tranquilla e andava avanti così da quasi 12 anni. Una vita normale, insomma. Forse un po' monotona, ma nessuno da fuori avrebbe detto che in lui qualcosa non andava. Eppure...qualcosa dalla sua nascita era andata storta. Era sempre stato un bimbo tranquillo, dedito allo studio e ubbidiente; amava andare per musei, leggere e cucinare, tanto che la sua mamma gli aveva insegnato un sacco di ricette sin dall'infanzia e si vedeva subito che il piccolo Giorgino aveva talento per quelle cose, anzi un vero e proprio dono. Tutto però cessò con l'insorgere della sua malattia. Il suo non era un problema grave, fortunatamente. Riguardava una lieve forma di narcolessia, che avveniva solamente quando una parola, una sola, banale parola veniva pronunciata: "Sugo". Ogni volta che sentiva o leggeva la parola "Sugo" e tutti i suoi vezzeggiativi o diminutivi, Giorgio si addormentava per trenta secondi, provocando non poco imbarazzo e, talvolta anche del panico.
Ora, quel termine, quello con la S che eviteremo di nominare troppe volte, dal momento che il nostro Giorgio starà leggendo, era stato pronunciato una domenica come tante (giorno per eccellenza delle polpette in casa Belli) e il piccolo Giorgino si era addormentato con in mano un mestolo. La cosa non era mai successa e aveva allarmato tutta la famiglia. Non si è mai capito come questa parola che il bambino aveva sentito tante volte potesse essere la causa di un tale malessere. Eppure così era e da quel giorno tutto cambiò. La sua mamma aveva sostituito le polpette domenicali, quelle con tanto s..., con i ravioli in brodo e tutta la passione per la cucina, per le polpette con tanto, tantissimo s... svanì in un breve momento di sonno.
Ad ogni modo, quel giorno di ottobre Giorgio si svegliò alle 7.12, non un minuto di più, non uno di meno, è iniziò a chiedersi cosa ne fosse della sua vita: superati i quaranta anni, con un lavoro da contabile e solo un gatto ad attenderlo a casa la sera, dopo una stressante e frustrante giornata di lavoro. Odiava quello studio. Tutti lo canzonavano per i suoi occhialini, piccoli piccoli ma altrettanto spessi; si alzava la mattina con l'unico scopo di andare a dormire la sera.
Ma era ora di cambiare!
No, non sarebbe andato in ufficio quel giorno, avrebbe dedicato una giornata tutta a se stesso. Prima di tutto una bella colazione con uova e bacon, poi un po' di zapping, shopping e jogging. Forse meglio un buon libro. E poi...all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno, a Giorgio venne una irrefrenabile voglia di cucinare: arrosti, verdure, SUGHI! Già, i sughi, sughetti e sugagnoli...quella parola gli impediva di fare una delle cose che aveva sempre amato.
"Ma che importa!", si disse, "oggi niente mi fermerà, a costo di addormentarmi mentre leggo qualche ricetta!", chiamò i suoi genitori e i suoi due unici amici per invitarli a cena e cucinò tutto il pomeriggio; leggeva e sfogliava ricette, ovviamente si addormentava quando vedeva frasi del tipo: "non fate asciugare troppo il sugo delle cozze", oppure "prendete il sughetto rilasciato dall'arrosto e intingetevi le patate al forno"e così via, ma lui non si arrendeva. Una volta, dopo i trenta secondi di incoscienza, si ritrovò la faccia completamente immersa in una ciotola piena di macinato di carne e un'altra ancora il gatto, sul tavolo, che banchettava con una coscia striminzita del tacchino. Alle sette in punto tutto era pronto: una tavola imbandita, che nemmeno la sua mamma durante le festività natalizie più fastose sarebbe riuscita a emulare, piena di pietanze, dal soufflé al tacchino, dagli spaghetti allo scoglio alla torta di zucca. Ma una portata era speciale e lui ne andava fiero; erano le mitiche polpette al sugo, vanto di casa Belli da tre generazioni. Quando gli ospiti arrivarono, lo stupore si impadronì subito di loro, allorché videro quel meraviglioso banchetto. Mamma Pina e papà Ezio ebbero un sussulto: "Chi ha fatto tutto questo?" chiese la buona Pina, con le lacrime agli occhi...la risposta già la conosceva. Ma voleva sentire suo figlio, il suo Giorgino mani-di-chef (come usava chiamarlo quando era piccolo) che diceva con orgoglio: "Io, mamma! E ascoltatemi tutti. Sono stanco di fare ciò che non voglio solo per paura di non essere all'altezza dei miei sogni. Io voglio essere felice. E se per essere felice dovrò perdere un po' della mia vita a trenta secondi alla volta, beh è quello che farò. Mamma, papà, amici miei, Geronzio (il suo gatto. Sì lo so, era un bel po' strano Giorgio, parlava molto spesso al suo gatto!) io continuerò a lavorare sodo, racimolerò tutti i soldi necessari, seguirò un corso di cucina, prenderò ogni attestato richiesto e poi aprirò un'osteria tutta mia e voi sarete miei ospiti a vita!" Tutti in un primo momento furono sconcertati da quella affermazione, ma la convinzione e la determinazione negli occhi di Giorgio erano tanto grandi, che nessuno ebbe il minimo dubbio: era un'idea favolosa!

Ed ecco qui, la storia di Giorgio Belli, uno che la mattina si svegliava triste, che un giorno decise che qualcosa doveva cambiare e che dalla mattina successiva si sarebbe svegliato con uno scopo che lo avrebbero spinto a continuare, per costruire da zero una bellissima osteria, il suo sogno di una vita. Eccolo Giorgio, che non si è preoccupato delle sue debolezze, ma ha puntato tutto sulle sue forze e i suoi talenti. Ed ecco anche la sua osteria: "Il gatto Geronzio" in via XXX a Spaciuzzi (paesino di pochissimi abitanti in provincia di Milano!), andateci se vi va. Ma mi raccomando, non pronunciate la parola "sugo" davanti allo chef!

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