Garfield - Pooky
Mi sono trasferita da Bergamo a Trieste, lasciando la mia famiglia e la me-bambina. Purtroppo la me-combinaguai mi ha seguita e ogni tanto devo farci i conti e ammettere che è la parte di me che preferisco perché mi fa sempre parecchio ridere.

venerdì 18 dicembre 2015

Giorno 21- i Cupcake

I Cupcake

Dunque, oggi vorrei darvi alcuni consigli su come NON fare dei cupcake. Premetto che era la prima volta che provavo a farli e che il gusto, a differenza dell'aspetto, è decente. 
Il mio rapporto coi cupcake nasce poco più di un anno fa, al compleanno di una mia amica, maga dei cupcake. E' lì che assaggio il mio primo (e tuttora considerato il più gustoso) cupcake della mia vita. Era ai mirtilli: ripieno di marmellata e frosting viola, dal leggero sapore acidulo. Una meraviglia. Successivamente, mi sono appassionata sempre più a questi pasticcini ipercalorici guardando la serie comica 2Broke Girls (non la conoscete? cliccate qui per vedere tutte le stagioni in streaming!) in cui due amiche dal carattere e dalle origini completamente diversi, decidono di fare di tutto per aprire un negozio di cupcake. La serie mi ha sempre interessata (non solo per il cibo!) ma anche per il fatto che le ragazze hanno un non so che di vero, reale, che le discosta molto dalla situazione delle classiche fiction americane, in cui tutto va sempre bene. 
Comunque, oggi, come già detto, decido di preparare i miei primi cupcake, parto con straordinari pensieri su come farlo e arrivo al punto di optare per qualcosa di semplice: ripieno di marmellata ai frutti di bosco e frosting bianco. Leggo moltissime ricette, perché la maggior parte delle cuoche italiane li fa non ripieni (praticamente dei muffin con un po' di glassa sopra) e faccio fatica a trovare quella che si adatta a me. Riesco a scovarne una, particolarmente carina su questo blog, in cui finalmente viene spiegato come fare il cupcake, quello vero, con il ripieno e tutto quanto in regola. Per il frosting, però, ho usato un altro sito (questo), perché non avevo il Philadelphia, quindi dovevo usare solo il burro.
Ok il risultato di un cupcake medio dovrebbe essere questo:

Il mio risultato, invece, si discosta un pelo, da ciò che tutti chiamerebbero "cupcake"...in sostanza è quello qui sotto


Ora...mi rendo conto che sono decisamente diversi: prima di tutto il mio "frosting" non è un frosting, lo definirei una crema bianca che si lascia lentamente andare e la seconda cosa che sicuramente salta all'occhio è, Alice cara, ti sei accorta che per fare un cupcake nella norma dovresti mettere uno sopra l'altro tre di quegli obbrobri che hai sfornato? Io e Demmy, dopo un attento assaggio e una severa analisi, abbiamo trovato un nome a questi "cosi": essi non sono altro che una Cupcakata. Inutile dirvi dalla fusioni di quali termini è uscito questo neologismo. Al palato risultano buoni, ma ci sono un bel po' di cose da cambiare, prime tra tutte, la consistenza sia della pasta, che della glassa. Ecco quindi i consigli che sento di dovervi dare, per NON fare quello che ho fatto io mentre partorivo le mie Cupcakate:
  1. mettete più impasto nei pirottino: probabilmente io avevo dei pirottini più larghi, rispetto a quelli richiesti, quindi, fidatevi del vostro istinto e non seguite sempre la ricetta alla lettera
  2. ancora una volta fidatevi dell'istinto e non fate diventare marroni i pasticcini, altrimenti si induriscono troppo, spegnete tutto quando vi sembrano pronti ma badate bene: se la ricetta dice 180 gradi, non impostate il forno a 200, va bene seguire l'istinto, ma la ricetta ha ragione nella maggior parte dei casi
  3. aggiungete più lievito, perché mezzo cucchiaino scarso non aiuta moltissimo    
  4. mettete meno zucchero a velo per fare la glassa così poi non dovrete aggiungere il latte, perché altrimenti diventa molliccia.


Ecco qui i miei consigli. Sono sicura che la prossima volta andrà molto meglio, anche perché alla fine erano i primi, non mi aspettavo chissà che, anzi, la mia amica Giulia ha detto che se fossero usciti al primo colpo sarei dovuta andare a Bakeoff Italia. Mi spiace, Giulia, è andata male, parteciperò alla prossima edizione magari!
Ma non scherziamo, una cosa molto piacevole che ha detto Demmy (appassionato di cucina) dopo aver mangiato ben due delle mie Cupcakate è stata: "Beh, a parte l'aspetto, per essere la prima volta, il sapore è molto buono, sicuramente hai fatto meglio di quello che avrei fatto io"
"Ah sì? Perché, che avresti fatto tu?"
"Non li avrei fatti"
Date una medaglia a quest'uomo!

mercoledì 9 dicembre 2015

Giorno 20- Babbo Natale esiste?

Babbo Natale esiste?

"It's the most wonderful time of the year" canticchiava allegramente Andy Williams, riferendosi al Natale (per il video clicca qui). E io concordo in pieno pienissimo. Ora la domanda che sorge spontanea da tutta la vita, da quando si è bambini è: "Ma Babbo Natale esiste davvero?".

Quando si diventa grandi si è convinti che quel panciuto ormone con la barba bianca e la divisa rossa sia un'invenzione mediatica per fare più soldi e si smette bellamente di credere. Sapete che vi dico? Io ci credo! La questione è semplice, se dovessimo credere solamente a ciò che vediamo, saremmo fritti. Tutte le religioni sono basate su cose che nessuno può testimoniare con certezza di aver visto. Nessun reporter ha intervistato Mosè, chiedendo: "Allora, signor Mosè, ha davvero creato uno spartiacque per far passare gli ebrei nel Mar Rosso? Ci racconti." Però in tanti ci credono e allora perché non credere a Babbo Natale? Concedetemi di ritenere vere sia  le imprese di Mosè che quelle di Babbo Natale che le non meno strane gesta di Maometto, che fece un viaggio fluttuando nell'aria.
Babbo Natale è sempre stato una costante fissa della mia vita e l'idea di affermare che non esiste mi fa stare male, per il semplice fatto che a lui sono legati molti dei più bei ricordi della mia vita.
Era il periodo di Natale quando...
...tutta la mia famiglia si riuniva (e lo fa anche adesso, anche se piano piano siamo sempre meno) e mangiava cibo a sazietà fino a scoppiare.
...si giocava a carte fino a mezzanotte, per aspettare l'arrivo di Babbo Natale.
...Babbo Natale era un vicino, uno zio, il tuo papà o persino tuo fratello calvo, travestito di tutto punto, che da dietro l'angolo, prima di entrare in scena per noi bimbi si grattava la barba sostenendo che prudeva da matti.
...noi bimbi, d'altro canto, eravamo un po' delusi nel riconoscere sotto quei chili di cotone e stoffa il viso dei nostri familiari, ma d'altronde eravamo abbastanza saggi (molto più di quanto lo siano gli adulti) da capire che Babbo Natale non può andare a conoscere tutti i bambini del mondo di persona e quindi ogni anno delega qualcuno per rappresentarlo, un po' come fanno i presidenti. L'anno prossimo magari incontreremo quello vero.
...mia mamma faceva le sue famosissime cadute, in cui lei andava giù di faccia, ma salvava immancabilmente qualunque cosa avesse in mano. Ricordo perfettamente quel Natale in cui è inciampata su un passeggino, è cascata distesa a terra, mantenendo però ben salda l'insalatiera di vetro con dentro le cicorie.
...io e il mio papà portavamo in casa enormi scatoloni dal garage e impiegavamo una mattina intera ad addobbare casa. Poi quando tutto era finito, grondanti di sudore, pieni di polverina glitterata e con le mani nere si guardava il lavoro e si tirava un sospiro di gioia e soddisfazione e si aspettava che arrivasse la mamma a urlare "Beeeellooo", anche se le palline penzolavano in modo disordinato, le pecorelle avevano i chiodi al posto delle zampe e alcune lucine ogni anno decidevano di abbandonarci.
...andavo a fare shopping con mia sorella, per gli ultimi regali di Natale e partiva la solita frase: "A te niente, perché hai ricevuto tanti regali durante tutto l'anno", ma poi sapevo che Babbo Natale non si sarebbe dimenticato di me.

Questi sono alcuni dei miei ricordi del periodo di Natale, "the most wonderful time of the year", quindi, avete ancora intenzione di sostenere che sia una stupida a credere a Babbo Natale? Non è tanto la certezza della sua esistenza effettiva che mi fa stare bene, bensì la certezza che ogni volta che penso a lui ho voglia di fare regali, di abbracciare la mia famiglia e dir loro che anche se sono lontana io penso a loro tutti i giorni e ho voglia di convincere il mio nipotino, ancora troppo piccolo per farsi problemi del genere, che Babbo Natale davvero esiste, che è dentro il suo cuoricino e che se tutti un po' ci crediamo, allora forse in qualche modo esiste sul serio. Quindi caro Babbo, se ci sei (ma lo so che ci sei), fai che il mio nipotino abbia ogni anno il Natale più bello della sua vita, come è capitato a me.
Ps. Io l'ho scritta la letterina a Babbo Natale.

Trieste, 8 dicembre 2015
Babbo Natale
Villaggio di Babbo Natale
Polo Nord

Carissimo e amatissimo Babbo Natale,
Quest’anno sono stata abbastanza buona, ma tu questo lo sai o lo deciderai da te. Ci sono molte cose che mi piacerebbe avere per Natale, tanto che è quasi un mese (praticamente da quando me l’hanno regalato) che tengo una lista dei regali che mi piacerebbe ricevere sul cellulare.
Dunque, la cosa che più mi piacerebbe ricevere, caro Babbo, sono un paio di scarpe invernali nuove, perché le mie sono tutte rotte internamente e quando andavo a lavorare dovevo usare altre scarpe che però erano estive e alcune volte avevo freddo. Ora ti sembrerà strano che chieda così spudoratamente le scarpe visto che a me piacciono le sorprese, ma d’altronde quest’anno mi servono proprio delle scarpe nuove.
In alternativa mi piacerebbe avere Dracula di Bram Stoker in lingua originale, Babbo, se cerchi bene su Amazon lo trovi a circa 2 euro comprese spese di spedizione.
Mi piacerebbe avere anche un Joypad per playstation3, perché noi ne abbiamo solo uno e non possiamo giocare insieme, oppure il videogioco Mortal Kombat per playstation3, non mi ricordo come si chiama, ma è quello che a un certo punto puoi anche sbloccare Krathos, il protagonista di God of War, ormai è uscito da tanto e quindi è conveniente.
Come vedi, Babbo ho tantissime cose che vorrei, alcune costose altre no, alcune davvero necessarie, altre proprio no. In ogni caso te li ho messi in ordine di utilità.
Invio questa lettera via mail a mia sorella Vici, così ci penserà lei a spedirtela, perché io non so bene come funziona il sistema postale.
Ti ringrazio per l’attenzione e ti mando un forte abbraccio e un buon Natale a te e consorte

Alice

venerdì 27 novembre 2015

Giorno 19- La torcia

La torcia

Ebbene, ne ho combinata un'altra delle mie. Domenica scorsa siamo andati a visitare dei bunker a Opicina, cunicoli bui e umidi, in cui gli strumenti essenziali erano una torcia e scarpe adatte (che io non avevo, ovviamente). Demmy mi ha dato una delle sue torce, luce blu un po' debole, nulla di che, ma pur sempre una fonte luminosa adatta per non mettere i piedi in un punto sbagliato e capitombolare di faccia sulle pietruzze.  Lui invece, aveva una torcia che per me non aveva granché di speciale, sapete non me ne intendo di illuminazione, ma che per lui aveva un buon valore affettivo e, come ho scoperto ieri, economico. La gita procede bene, ogni tanto lui decanta quella torcia, dicendo che nonostante siano passati due anni ancora non si è scaricata "e guarda che luce, Alice!" e io facevo sì roteando gli occhi e puntando la mia misera torcetta verso il pavimento sconnesso. Finita la visita, decidiamo di andare a fare la spesa in Slovenia e ci carichiamo di quattro sacchetti, poi prendiamo l'auto, torniamo a casa e troviamo un bel parcheggio proprio dietro l'angolo, che fortuna! Quando arriviamo al portone, carica di due delle quattro sporte, mi accorgo di aver dimenticato la mia borsa in auto e quindi lascio la spesa e torno indietro. "Prendi anche la mia torcia, è nel vano della portiera" dice Demmy dietro di me. Insomma, arrivo alla macchina, recupero il dovuto e mi incammino verso casa pensando: "Chissà se Demmy ha fatto il cavaliere e ha portato su tutta la spesa o ha lasciato i sacchetti incustoditi", mi accorgo che proprio davanti alla porta ci sono due sportine e penso: "Che cafone, me le ha lasciate qui! Va bene, organizziamoci, questa la metto qui, la borsa la metto a tracolla e....un momento, io non ho preso un broccolo...e nemmeno la pasta." Rovisto in modo delicato in uno dei due sacchetti e mi accorgo con grande imbarazzo che sto facendo la gatta randagia e sto toccando cose non mie, quindi faccio una risatina guardandomi intorno e salgo le scale, decisa a raccontare la figuraccia a Demmy appena salita in casa e  manifestare il mio sollievo per non essermi accorta troppo tardi dell'errore. Tutto finisce, tra una risata e qualche presa in giro. 
Anzi...non proprio TUTTO finisce... ieri (cioè giovedì, ben quattro giorni dopo),  Demmy arriva, chiedendomi dove avessi messo la sua torcia. Io gli dico che l'avevo data a lui, perché così sarebbero dovute andare le cose, ma lui afferma che proprio non è successo. Io insisto che la torcia non è rimasta in auto, che non sono deficiente, mi ricordo che ce l'avevo in mano, perché avevo fatto un'analisi tattile, sentendo la consistenza, la temperatura ecc mentre camminavo verso casa. Si bisticcia, ma non troppo e io torno a letto, continuando a pensare alla torcia e iniziando a credere di essermi sbagliata e di avere solamente immaginato quelle sensazioni. Poi, un lampo mi attraversa la mente....il mondo si fa cupo...chiamo Demmy tutta tremante, coperta fin sotto agli occhi lo guardo e gli dico: "Sai, se non è in auto, la torcia...credo di sapere dove l'ho messa..."  "Noooo, sul tettuccio della macchina?", "Ehm....no. No, cici...." a questo punto mi appiattisco e la mia voce spaventata diventa un sibilo:"L'ho messa... nel sacchetto della vicina..." ZANZANZAAAAM. Ora vi spiego, io l'ho messo nella sporta quando ero convinta che fosse nostra e visto che dovevo portarne su due per tre piani, avevo convenuto che fosse meglio mettere la torcia al sicuro, dentro al sacchetto, piuttosto che in tasca, perché rischiava di cadermi e rompersi. Quando però ho notato l'errore, la torcia l'ho rimossa della mente, quindi oltre che lasciare la spesa giù al portone, ho lasciato pure lei. Il problema ora è che non so di chi fosse quella spesa e nemmeno se è arrivata al legittimo proprietario o non se la sono fregata mentre era lì fuori. Non ci credo, è successo. Non so come, ma l'ho fatto e mi sento tanto tanto in colpa. Io comunque sono convinta che se chiediamo a tutti i vicini prima o poi la ritroviamo. Demmy non si è arrabbiato, ma due cose mi hanno fatto capire che l'ho profondamente traumatizzato: 
la prima: subito dopo avergli raccontato il destino della sua torcia, ha preso in mano i pesi e si è messo a sollevarli, guardandomi fisso e ascoltando le mie scuse.
La seconda: per tutta notte ha riempito la stanza di candele accese, come se volesse ricordare con una fiaccolata la sua adorata compagna di avventure; io non potevo lamentarmi, l'ho lasciato fare, perché doveva interiorizzare il dolore.
 Ora però ripensando a tutto il pasticcio rido e penso che quando sarò vecchia sarà un bel problema starmi vicino, anzi, mi sa che il problema si pone già ora. Che seccatura essere me. 
PS. Demmy a un certo punto mi è sembrato un po' Jack Sparrow quando punta la pistola con un solo colpo in canna verso Elizabeth che aveva bruciato tutto il rum sull'isola e poi la rimette nella fondina!
 



mercoledì 25 novembre 2015

Giorno 18- Il serial ringer, ovvero tiritiri

Il serial ringer, ovvero tiritiri

Aaaah, fine novembre, giorni gioiosi, in cui io mi rintano in casa a preparare torte e biscotti, allenandomi a fare le scale su fastidiose canzoncine di Natale, che  canterò per tutto dicembre: sono un calendario dell'avvento ambulante in questo periodo!
Dovete sapere, prima di arrivare al dunque, che uno dei tanti, ma fino ad oggi ignorati difetti della nostra nuova casetta di Trieste, è il fatto che il nostro campanello giù al portone non funziona. O meglio: se pigi vicino al nostro nome non succederà assolutamente nulla, ma se decidi di suonare ai vicini del piano di sotto (non la signora P., per fortuna, altrimenti sentirei mille volte al giorno quel dannato campanello) ecco che il tiritiri parte sia nel loro appartamento che nel nostro. Eh perché non è un delizioso dlin dlon, quello che si sente, ma un fastidioso tiritiri a tutto volume. Insomma, noi  lo sentiamo il campanello, ma non quando vengono a trovarci i nostri amici, bensì gli amici degli altri. Oggi stavo appunto facendo beatamente la mia routine della preparazione di una torta: farina ovunque (anche in faccia), Nutella ovunque (anche in bocca!!), formine raffiguranti alberelli, cuoricini e omini di marzapane in giro per la cucina. A un tratto...tiritiri, il campanello, qualche amico dei vicini è passato per un saluto...tritiritiritiritiritiritiri....mah, non vorrei essere critica, ma credo non ci sia nessuno in ca...tiritiritiritiritiriiiiiiiii. Ma questo è scemo o cosa? Con tutta la mia pazienza guardo Cora a cui esce un ringhio sommesso dal petto, per il motivo che già vi ho citato in un post precedente: quando suona il campanello deve abbaiare, ma siccome sa che non succederà nulla con questo suono, si limita a rognare a denti stretti. Tiritiri....il serial ringer non demorde; adesso vado giù e gliene canto quattro se non la smette di suonare, anzi, gliele suono!! Tiritiri, cerco di ignorare l'accanimento caparbio sul campanello e di continuare a svolgere le mie azioni nel preparare i biscotti, già di per sé disastrose, finché all'ennesimo tiritiri, non mi parte una svirgolata di Nutella sulla teglia ed è qui che perdo ogni speranza di restare calma: sembro Paperino quando perde la pazienza, divento rossa, stringo i pugni e mi esce del fumo dalle orecchie e il conseguente fischio, come nelle vecchie teiere.
Immagine presa dal web
Basta, ora è troppo, è dieci minuti buoni che sta suonando, sei forse svenuto sopra al campanello, razza di individuo orrendo quale sei?!
tiritiri...scendo... mi accorgo di essere in pigiamino rosa e ciabatte ortopediche...risalgo....mi vesto....tiritiri...riscendo, anzi mi catapulto giù per le scale, con la nuvola nera e i fulmini sopra la testa, arrivo al portone, lo apro e mi si para davanti un ragazzo, poco più alto di me,  con occhiali a girella da hipster e un cappellino buffissimo rosso con un pompon verde calcato sopra la testa. Esordisco con: "Scusa, posso sapere che problemi hai? Se non ti rispondono, vuol dire che non c'è nessuno a casa" e lui dice: "Sì, ma io citofonavo ai miei amici", giustamente mi rendo conto che non tutti possono sapere che suona il campanello anche a me, quindi mi calmo e gli spiego la faccenda; lui con un visetto sconsolato dice che sa che il suo amico è in casa e probabilmente sta dormendo, perché gli aveva dato appuntamento a quell'ora. Io mi impietosisco e gli dico di salire ed attaccarsi al citofono interno, con la speranza che prima o poi qualcuno gli apra. Mentre salgo le scale con lui vicino, cala l'imbarazzo per aver sbottato (anche se in modo soft),  lui fortunatamente percepisce il mio disagio e dice: "Quindi....ho rotto i coglioni anche a te..." e io in tono sarcastico ma vellutato affermo: "Eh, e pensa che però non sei riuscito a romperli al tuo amico che dorme ancora." Mi viene da ridere, mi giro e il serial ringer ha un volto impassibile, né incavolato, né divertito, forse confuso. Arriviamo alla porta dell'appartamento incriminato e io gli auguro buona fortuna, continuando la mia scalata verso casa (sembra che abiti sul monte Tabor se dico così!), poi, senza fermarmi lo guardo di sottecchi e lo vedo che allunga l'indice, fermandolo a tanto così dal pulsante del campanello, scuote la testa e inizia a bussare come un forsennato. Io me ne vado divertita, perché è la prima volta che sclero con qualcuno che non conosco dopo chissà quanti anni e nonostante non sia stata crudele nei modi, sono riuscita a intimidire qualcuno! Cosa hai imparato oggi? Il sarcasmo è l'arma giusta per far valere la tua opinione senza offendere nessuno. Ottimo lavoro, Alice!

martedì 17 novembre 2015

Giorno 17- Il labirinto universitario

Il labirinto universitario

Mi viene un po' difficile da spiegare quello che è successo oggi, di solito sono cose decisamente divertenti le mie avventure e probabilmente al lettore può sembrare divertente anche questo post in cui racconto il mio pomeriggio passato nella nuova università a Trieste. Sì, in effetti un po' fa ridere questa mia giornata, ma capitemi, ho la sindrome premestruale che, parafrasando malamente Baudelaire, pesa come un coperchio sulla mia testa e per questo motivo ogni cosa imbarazzante viene potenziata per 10 in questo periodo, come quando Super Mario prendeva il funghetto che lo faceva diventare grosso grosso.
Cominciamo dall'inizio, da quando decido di andare in università, compro il biglietto per il bus, mi siedo, prenoto la fermata e ops, è la fermata sbagliata, salame, dovevi scendere alla prossima. Già si potevano intravedere i presagi di sfortuna e soprattutto del mio nervosismo quando sono scesa comunque alla fermata del bus sbagliata e ho continuato a camminare, invece di tornare sull'autobus e scendere  alla successiva. Non ho idea del perché abbia agito in quel modo, l'ho fatto e basta. Non importa, tanto sono qualche passo in più. Arrivo alla sede, entro nell'aula e mi siedo e una professoressa alla cattedra a cui sorrido amabilmente mi guarda stupita, come se avessi in faccia un pannolino sporco o mi fossero cresciuti i baffi durante il tragitto da casa all'università. Solo all'inizio della lezione dopo comprendo che qui non funziona come a Bergamo, che entri in aula ti siedi e aspetti; eh no, devi aspettare in piedi, fuori dall'aula che arrivi il professore e che ti dia il permesso di entrare. Naturalmente quella non era la professoressa della mia lezione e quindi nessuno mi dava il diritto di stare lì dentro, da sola, insieme a lei con il mio astuccio con gli orsetti e gli occhioni spaesati. Comunque inizia la lezione: è un seminario, dove degli studenti spiegano uno studio su un argomento di un libro che hanno letto. Ora, per comprendere completamente quello che sta accadendo, dobbiamo tornare indietro di qualche ora e arrivare a stamattina, quando attivo il comando vocale al mio nuovo, fiammante cellulare ultratecnologico: quando dici ad alta voce "Ok, Emy" il cellulare si aspetta un comando, che può essere di chiamata o di ritrovamento (se lo perdi parte una musichetta che canticchia, "sono quiiiiii"), ma se il comando non arriva correttamente, questa fantomatica (e anche un po' baldracca, scusatemi il francesismo) Emy, ti dice a tutto volume che non ha capito e di ripetere il comando scandendo le parole. Adesso saltiamo alla lezione... ovviamente la ragazza seduta alla cattedra parla con voce tremolante ma con timbro alto, per farsi sentire bene da tutti (eravamo al massimo 10, queste classi ristrette non le apprezzo) e sento una vocina dalla mia borsa...oddio un Poltergeist, penso immediatamente, non abituata ai cellulari parlanti, ma poi ci penso su e capisco che è Emy, che sta disturbando me e un intero pubblico. Cerco di spegnere il cellulare, ma non faccio in tempo a toglierlo dalla borsa che inizia a gridare di ripetere...scoppio di risa, io alzo la manina dicendo: "Colpa mia, scusate, il mio telefono parla da solo, scusatemi non volevo interrompere" faccia color peperone, voglia di sotterrarmi sotto un cumulo di pietre. Andiamo avanti e la presentazione della studentessa seguente non è alquanto brillante. Io decido di intervenire durante la discussione. Alzo la mano, tutti si girano e io sento una fiammata che parte dalle orecchie e mi arriva alle guance, il mio unico pensiero era "Oh per l'amor del cielo, Alice, riprendi un colore naturale, ti prego, sembri una di quelle lucine che regalano in discoteca", ma niente e come se non bastasse spostare l'attenzione tutta sul proprio viso che brucia lentamente la distoglie dal discorso e quindi inizio a tremolare e la prima cosa che mi esce di bocca è: "Meeeh" Meeeh??? Cioè, hai fatto un verso simile a quello delle capre? Grandioso Alice, tu sì che sei brillante. Cerco di recuperare, ma proprio non riesco, dico quattro parole tutte senza senso e quando finisco cala un silenzio imbarazzante e la professoressa afferma, in modo velato, che sono decisamente andata fuori tema. Oddio, è la fine, altro che cumulo di pietre, andrebbe bene anche il letame, basta che nascondete il mio viso paonazzo. La lezione finisce e io schizzo fuori, mi chiudo in bagno e accendo nuovamente il cellulare con la seria intenzione di ammazzare Emy e poi eliminare il comando vocale, ma con mia sorpresa mi viene richiesto un pin, che io ovviamente non conosco e che è segnato sulla scatolina appoggiata al comodino nella mia stanza da letto. Bene....imbarazzata e sola...ottimo, quale è la prossima lezione? Semi incerta se andare o no alla lezione successiva, mi accingo a salire quattro piani e faccio un gioco col destino: se trovo l'aula, vado, se non la trovo, torno a casa. L'aula? L'ho trovata, ma palesemente non era quella in cui si sarebbe svolta lezione, perché era un locale caldaia, quindi mi capicollo giù dalle scale, ma con mia immensa frustrazione non riesco....a trovare la porta per uscire dalla rampa di scale!! So che può sembrare stupido, ma ogni porta aveva la scritta "Usare solo in caso di emergenza",  mi sembra ovvio che non le apri quelle, no? Poi l'unica che ho provato ad aprire era chiusa a chiave. Ok bene, torno su, ho perso col destino. Dopo aver tentato disperatamente e senza successo di scappare nuovamente, ma da un'altra rampa di scale, trovo un gruppo di studenti e fortunatamente anche loro aspettavano la lezione di letteratura inglese, quindi decido che il meno peggio è partecipare alla lezione e aspettare che se ne vadano per seguirli e farmi condurre all'uscita. Sebbene sia stata noiosissima, a questa lezione non è successo niente di imbarazzante, la prof mi ha solo fatta presentare facendo ciaociao, perché tra un mucchio di studenti che non ti servono nemmeno le dita dei piedi, ma solo quelle delle mani per contarli tutti, lo riconosci un volto nuovo. Ho passato tutta la lezione seduta e tesa come se avessi spine nei fianchi o come se avessi una scoreggia che è lì lì per uscire e vuoi trattenerla (ci mancavano solo le scoregge!!), insomma appena finisce la lezione, cerco di attuare il mio piano e seguo guardinga le studentesse che decidono di prendere in massa l'ascensore. So cosa sarebbe capitato, si sarebbero schiacciate tutte come sardine e io non ci sarei stata e avrei dovuto aspettare un altro ascensore. Beh sapete che vi dico? Vado a fare pipì e  quando ho finito me la trovo da sola, l'uscita...stavolta però prendendo l'ascensore, eh, se le scale ti fregano e non vuoi buttarti dalla balaustra interna per raggiungere l'uscita che vedi perfettamente quattro piani sotto di te, allora l'ascensore è l'alternativa migliore! (e forse l'unica, aggiungerei). Arrivo al piano terra e trovo la solita porta che recita la tiritera sull'emergenza, io sconsolata salgo ancora di un piano, magari questo è il sotterraneo, però poi (angeli celestiali che cantano) una creatura illuminata da un fascio di luce scende uno a uno gli scalini con fare leggiadro e io la seguo, perché sento con tutte le mie forze che quella ragazza vuole andare a fumarsi una sigaretta. Evvai, aprila tu, la porta d'emergen...ah, ma quella non è una porta d'emergenza, c'è solo scritto che lo è. Quindi è sempre stata questa l'uscita dalla rampa di scale per raggiungere il piano terra....bene. Brava.
Torno a casa, momentaneamente senza cellulare, sconsolata, come un pesce fuor d'acqua e mi accorgo che mi basta allontanarmi di soli 200 metri da quell'edificio labirintico e infernale per sentirmi finalmente e di nuovo a casa. Paradossale, ma vero. Mi sentivo a casa fuori da un edificio.
Cosa ho imparato oggi: La vita non va mai come te la aspetti, molte volte va anche meglio, ma ogni tanto capita che vada peggio, ma anche questa è la vita, domani vedrai che ti aspetterai una catastrofe e invece andrà tutto bene. Non abbatterti per queste cavolate, pesciolino, la boccia non è più quella a cui sei abituato, ma ciò non vuol dire che hai dimenticato come si nuota.

giovedì 5 novembre 2015

Giorno 16- 5 cose di cui un laureando (non) sa di aver bisogno

5 cose di cui un laureando (non) sa di aver bisogno

Siccome fra 4 giorni solamente finalmente prenderò la mia prima laurea triennale, oggi vorrei fare un elenco fuori dall'ordinario per tutti i laureandi che devono scrivere una prova finale (per intenderci la tesi della laurea triennale) o la più corposa tesi magistrale. Intendiamoci, ho detto fuori dall'ordinario: questo post non spiegherà alcuna norma redazionale né tantomeno darà consigli pratici per la tesi, ma solo piccoli accorgimenti che aiuteranno a non uscire di melone in questo lungo ed estenuante percorso. Iniziamo, quello che occorre a un laureando che ha tutte le intenzioni di mantenere la propria sanità mentale è:
  1. Una cartellina con linguette personalizzabili. Questo è un tip datomi dal libro Come si fa una tesi di laurea del grandissimo e saggissimo Umberto Eco (si vede che insieme all'imponente Stephen King, Eco è il mio scrittore preferito?!). La cartellina, io preferirei che fosse colorata perché mi attiva la concentrazione, è utilissima per inserire  gli appunti presi nei libri della bibliografia che vi servirà a scrivere una prova finale decente. Essa prende ancora più importanza quando la maggior parte dei libri sono stati presi in biblioteca e non possono essere pasticciati. In ogni sezione della cartellina, puoi inserire tutto quello che c'è di importante da sapere, comprese citazioni e note bibliografiche. Senza quella cartellina verde evidenziatore io non so proprio come avrei fatto, probabilmente avrei scritto tutto su un quaderno, in cui probabilmente avrei fatto disegnini di caprette e cuoricini, distraendomi, e sarebbe stata una mossa alquanto sciocca, perché poi ogni volta sarei dovuta andare a recuperare quello che mi serviva, tra capre e cuoricini, sfogliando migliaia di pagine, ma grazie alla mia cartellina truuuuc, potevo girare tra i miei appunti in modo veloce e senza perdere il filo del discorso. Ecco, ovviamente devi tenerla assolutamente ordinata e cacciare ogni foglio al suo posto, altrimenti il trucco magico non funziona.
  2. Tè/caffè.   Questo item non manca praticamente mai nel kit di nessuno studente medio, già dal primo esame che si deve dare, ma fidati, è bene che aumenti le scorte durante la stesura della tua tesi. Io, ad esempio, mi sono data alla teina, perché il sapore del caffè non mi fa impazzire e ho messo nella mia cassettina di legno almeno una decina di tipi diversi tra tè e infusi vari, in modo da assumere energia senza annoiarmi del solito sapore al limone. Consiglio per la prima parte della stesura dei tè verdi o neri, mentre nell'ultimo periodo, quello più stressante, infusi privi di teina, magari dagli aromi rilassanti, come camomilla (che a me non piace) o melissa ecc.  Ora mi chiederai: allora a che cavolo serve bere un infuso  senza teina mentre lavori sulla tua prova? Semplice: mai visti gli scrittori in carriera, quelli che buttano giù centinaia di migliaia di parole al giorno e sputano un paio di romanzi fatti come si deve all'anno? Loro hanno sempre una tazza fumante di "qualcosa" vicino alla tastiera. Non vuoi sentirti anche tu scrittore per qualche mese? Poi magari ci prendi gusto...<<è sera. L'agente Pulcetti guarda l'orologio con impazienza, chiedendosi quando sarebbe arrivato quel maledetto camion che sta cercando di rintracciare da una settimana. Fa freddo e le dita dei piedi si sono tutte indolenzite: "Come vorrei essere a casa a scolarmi un dannato scotch sul divano", pensa il buon vecchio Pulcetti...>> (leggilo con voce misteriosa). Pensi che sarebbe uscita lo stesso di effetto questa frase senza che sorseggiassi un buon infuso bollente mentre la scrivevo? Proprio no, caro mio
  3. Open office. Ora passiamo a una cosa molto più utile da sapere per terminare il lavoro. Tutti pensano che il programma migliore per scrivere un documento di testo sia Word, ma io sono del parere che Word non è niente, paragonato a Open Office. Mi spiego meglio: i due programmi possono risultare quasi identici, finché si scrivono cose semplici e che non devono essere curate alla perfezione. Ma quando un relatore ti tartassa di mail e praticamente ti fa capire che la tua tesi è impaginata talmente male che lui la utilizzerebbe solo per incartarci fish and chips agli angoli della strada, allora ti accorgi di quanto questi due programmi siano differenti: Word a prima vista sembra più semplice da utilizzare per quanto riguarda le opzioni di impaginazione, ma se usi Office noterai che il lavoro sembra meno stressante e in un qualche modo più pulito; non so come spiegarlo diversamente se non che Word è come una sirena: ti ammalia col suo canto, tu lo segui fino alle profondità degli abissi (cioè fino al punto ad esempio in cui devi inserire le note a piè di pagina) e poi quando tocchi il fondo ti frega ...e tu affoghi. Office invece è come il nonno di Heidi: è difficile da gestire all'inizio, ma poi quando devi andare a Francoforte (cioè al centro stampa, a consegnare il tuo documento finito) non vorresti più lasciarlo. Ci siamo intesi? Spero di sì, USA OFFICE!
  4. Un timer. Ora che la tua prova è terminata, ricontrollata e stampata devi solo studiartela e cercare di ripeterla nel minor tempo possibile, in modo da non risultare pesante e far addormentare la commissione. Per una prova finale triennale, il tempo medio di una presentazione fatta come si deve è di 7 minuti. Tu dattene 8, procurati un timer e inizia a parlare con i muri, con le sedie, coi peluche o con l'elemento che spiegherò al punto 5. All'inizio dirai tantissimi "Ehm...." e "Oooooh", o allungherai le vocali finaliiiii come stooo facendo oraaa, per tergiversare e riordinare i pensieri, finché il timer non suonerà e tu sarai ancora lì a spiegare la prima frase; ma poi, dopo un momento di sconforto, prenderai in mano la situazione, ti scriverai una bella presentazione a diapositive (con Office, ovviamente!) e poi inizierai a fare meno "Ehm...." e "Ooooh", finché non giungerai al punto in cui sarai un oratore impeccabile. Almeno lo spero, sai, devo confessarti che non ho ancora raggiunto il livello ultimo, io sono alla presentazione in diapositive con qualche "Ehm..."! Comunque, non importa che tipo di timer userai, va bene anche quello da cucina, o quello incorporato nel forno ecc. Io il mio da cucina non posso usarlo, perché quando suona, Cora lo scambia per il campanello e inizia ad abbaiare. Ecco, volendo puoi programmare anche il tuo cane, vedi tu.
  5. Spettatori interessati. Quando presenti, è bello che almeno per un paio di volte ci sia ad assistere uno spettatore presente, interessato a quello che dici o, almeno, alla buona riuscita del tuo discorso. Più lo spettatore è interessato e più sarà facile che la prima volta che ti ascolta ti dica che hai fatto pena: ti sudavano le mani, perdevi bava verdastra e balbettavi. Ascolta sempre i suoi consigli, non lo contraddire, altrimenti poi perderà interesse e non ti ascolterà più. è facile capire quando qualcuno non ti segue, perché, non si sa come, riesci a vedere la scimmietta che batte  i piatti nella sua testa. Non te la prendere col tuo spettatore, forse sei tu che sei noioso: cambia modo di presentare (nei limiti della decenza, non sto dicendo di parlare nudo, alla laurea non ti aiuterebbe questo espediente). 
Bene dopo questi 5 insoliti (e per alcuni inutili) item nel tuo kit da buon laureando, vedi di ricominciare a lavorare e finire (o cominciare?) questa benedetta tesi!

martedì 3 novembre 2015

Giorno 15- La Padania in lavatrice

La Padania in lavatrice

Una delle cose più difficili da imparare per chi vive da solo è fare la lavatrice: il bucato è, a mio parere, la seconda cosa più impossibile da ricordare e da imparare, ci vogliono anni di esperienza e di capi stinti e ritinti per avere un bucato fatto come si deve. La prima cosa più difficile da imparare da quando sono a Trieste? Stirare. Non che mi ci applichi particolarmente, ho provato solo una volta per necessità a stirare una camicia per il lavoro e mi ha ritrovata Demmy seduta in un angolo che piangevo abbracciata al ferro, mentre la camicia era lì, ancora stropicciata come appena uscita dalla lavatrice. A parte gli scherzi (che tanto scherzi non sono, dal momento che me l'ha dovuta davvero stirare lui quella dannata camicia), da pochissime settimane ho deciso di imparare a fare la lavatrice. Con tanta pazienza Demmy si mette dietro di me, io sono davanti a una lavatrice, questa sconosciuta. Eravamo un sandwich in cui l'apparecchio del demonio e Demmy erano le fette di pane e io il prosciutto....mmmm prosciuttoooo...Ricomponiamoci. Insomma si comincia: ok, separo i bianchi dai colorati, poi? Ah sì, ammorbidente; quanto ne metto, così? Ok, no direi che ne ho messo troppo ne è strabordato un po' fuori, tranquillo dopo pulisco io. Bene, poi detersivo, lo metto qui? Ecco qui. Ora giro le manopole. 2 a destra, 4 a sinistra e 3 a destra, come le casseforti. No dai, scherzo, ho capito è facile fare la lavatrice! Disse l'ignara Alice.......
Ora facciamo un salto temporale e arriviamo a venerdì scorso: indosso la mia nuova felpa verde, una di quelle che puoi trovare nei negozietti etnici; una di quelle che hanno il cappuccio a punta; una delle tante che ho già avuto; una di quelle che avrei dovuto sapere che si lavano a mano! Ora, preparo i biscotti per Halloween con addosso quella felpa e un grembiule che (come si sa) è smanicato, di conseguenza copre sì il busto, ma le maniche non sono protette da schizzi di uova, latte e altri prodotti alimentari. Poi un po' è anche colpa mia: quando decido di preparare dolci, nella cucina si scatena il putiferio; pensate che l'ultima volta che ho preparato una torta ho persino trovato della farina sulla schiena del cane che, poverina, era tranquillamente sdraiata sonnecchiante sotto al tavolo. Come sia arrivata fino a lì della farina visto che non stavo proprio lavorando sul tavolo io non lo so, ma facciamo finta di nulla. Comunque avrete capito che mi sporco di impasto per biscotti la manica, poi per la fretta cerco di riempire un pentolino d'acqua e come se non bastasse mi bagno l'orlo della felpa, quindi bene è arrivato il momento di lavarla per la prima volta. La caccio nel cesto della roba da lavare e tutto finisce, almeno così credevo. I biscotti per la cronaca sono usciti molto buoni! Insomma, ieri è giunta l'ora fatidica di mettere in lavatrice la felpa, insieme ad altri capi colorati: qualche maglietta nera, dei calzini con le dita bianchi a strisce colorate (adoro i calzini con le dita, non giudicatemi) e un paio di jeans sfilacciati di Demmy. Programmo tutto alla perfezione e fortunatamente ho lasciato l'acchiappacolore che solitamente usiamo per le divise di Demmy che hanno il colletto rosso che si teme sempre che scolorisca. Qualche ora dopo mi presento col cestello dei panni pronta per stendere e lì, il disastro: apro lo sportello, noto la tragedia e nella mia mente parte il Va Pensiero, l'inno padano, in tutta la sua gloria: guardo i miei calzini ("Vaaaaa pensieeeeroooo), sono diventati verdi a righe colorate (sull'aaaaaliiii doraaaaaateeee), i fili rock dei jeans (vaaaaa, si pooooosa sui cliiiiivi) verde evidenziatore (sui cooooolliiii), l'acchiappacolore (ooooveeee oleeeeezzaaaano) è una fascetta color oliva (tieeeeeepiiidi e moooolliiii"). La disperazione!
L'acchiappacolore padano
Tutto era diventato verde Padania, ora sembrerò patriottica perché qui a Trieste ho portato un po' di pianura lombarda tra i miei vestiti, ma non è stato intenzionale, ve l'assicuro, io amo il verde ma avrei preferito che tutto rimanesse del suo colore originale. Non so se prenderla come una lezione o come una sfida da parte di quella maledetta felpa. Io so solo cari amici che se andate a vestirvi in modo equo solidale, poi dovrete usare equo solidalmente le vostre manine belle per lavare i vostri vestiti equo solidali, ovviamente con saponi naturali ed equo solidali, perché voi tenete all'ambiente. Poi sono convinta che la Padania in lavatrice voi proprio non la vorrete, perché di solito i leghisti non sono equo solidali, a meno che non sia merce di un botteghino di Solza.
Va là, vi lascio col Va Pensiero, senza alcun rimando politico, solo perché effettivamente il signor Verdi (Verdi Padania come la mia lavatrice!!) ha fatto un buonissimo lavoro e vi saluto al prossimo disastroso, confusionario post.

mercoledì 14 ottobre 2015

Giorno 14- Il martedì sabato

Il martedì-sabato

Buongiorno e buon mercoledì-domenica a tutti! Non sono diventata pazza, semplicemente oggi per me e Demmy è mercoledì-domenica perché siamo di riposo entrambi (io definitivamente da oggi per sfortuna) e quindi di conseguenza ieri non poteva che essere martedì-sabato. E che si fa di solito di sabato sera? Incontri strani. Vi elencherò in ordine cronologico gli incontri che abbiamo fatto ieri in un raggio di al massimo 1 km e naturalmente poi vi spiegherò che cosa hanno significato per me:
  1. la signora che ama i lupi
  2. l'allevatore di tartarughe d'acqua
  3. la confraternita dei Goliardi ovvero uomo-torre uomo-regina
  4. l'immancabile Pifferaia
  5. l'intellettuale appassionato
ebbene, diciamo che non è inusuale fare incontri di questo genere in giro per Trieste, è più raro però farli nella stessa serata, ma andiamo con ordine e iniziamo con il primo incontro ravvicinato...
  1. la signora che ama i lupi. Stavamo passeggiando allegramente con Cora verso il nostro bar preferito (ora faccio un po' di pubblicità è il BarH, in viale) quando una signora, molto magra e dall'aria svampita ci bracca letteralmente dicendo: "è il secondo lupo che incontro oggi!" e guarda Cora con affetto parlando della sua passione per i pastori tedeschi data dal padre, poi mentre parla di un aneddoto del suo pastore tedesco che abitava sopra il Pam, "sai dove ci sono leTorri, ah ma voi non siete di Trieste avete detto, beh sì, conoscete il Pam? Dove ci sono le Torri..." ecc ecc inserisce non si sa in che modo sconclusionato un altro aneddoto su un altro cane, stavolta un bastardino, che avevano chiamato Lem "ma questo non era un pastore tedesco eh, un bastardino, non un pastore tedesco, un bastardino", dicendo che il nome avrebbe dovuto richiamarci  un evento storico che io non ho capito e quindi facevo sì sì con la testa mentre nei miei occhi sfilava il vuoto. Ci dice che ha anche scritto una storia sui suoi pastori tedeschi "sa, la passione ci è stata trasmessa da nostro padre, ma voi conoscete (Tal) allevatore? Ah non siete di Trieste, avete detto", che però ha sempre avuto quattro in italiano e quindi li ha scritti sul computer ma non li ha pubblicati, li leggono solo lei e il suo compagno "A proposito, sto aspettando il mi compagno, deve arrivare fra poco". So che sto scrivendo in modo confuso, un po' con il discorso diretto e un po' indiretto, ma credetemi, lei metteva un grande caos nella conversazione, specialmente quando non ripeteva (come avrete capito) le cose dette due minuti prima. Per fortuna dopo poco ci raggiunge un altro padrone di pastore tedesco, un cucciolone davvero molto bello, che a 17 mesi pesava già 15 kg in più della mia che ha sette anni, ma forse è giusto così. Insomma lui si ferma, i due cani si riconoscono, perché già si erano visti durante una passeggiata e la signora abborda il nuovo arrivato con la stessa identica tiritera: "oh, questo è il terzo lupo che incontro oggi, conosce (Tal) allevatore? E' molto bello il suo cane, sa io me ne intendo di pastori tedeschi, mio padre ci ha trasmesso la passione, è più bello di questo (indica Cora), non offendetevi, ma lui ha un portamento migliore" io stizzita dico che quel cane era in effetti molto bello, ma essendo maschio è ovvio che sia diverso dalla mia femmina e che risulta più bello perché hanno proprio una posizione  diversa i maschi e lei risponde con un "Sì, ma lui è più bello. Mi guardo intorno perché fra poco (mezz'ora che eravamo lì!!) dovrebbe arrivare il mio compagno".....ora....non faticherei a credere che il suo compagno l'abbia abbandonata per strada di proposito, ma comunque ci divincoliamo dalla sua morsa e raggiungiamo il bar (la salvezza) situato pochi passi più avanti e ci rintaniamo perché ci rendiamo conto che la tenacia della signora non demorde e non sta mollando più l'altro padrone che aveva già provato più volte ad andarsene senza successo.
  2. l'allevatore di tartarughe d'acqua. Facciamo un balzo temporale, primo cocktail alla frutta finito, io leggo il giornale e Demmy sparisce fuori dal locale, io lo cerco e lo trovo a parlare con un ragazzo con il chiodo e  non so, mi dava l'impressione che si fosse disegnato le occhiaie, perché erano nere, profonde e ben marcate. Parlano di cani, passano un bel pezzo a parlare di lupi (ancora lupi?!) cecoslovacchi e io mi infilo in modo delicato nella conversazione, a un certo punto il nostro nuovo compagno da bar ci dice di essere un allevatore di tartarughe d'acqua; i miei occhi si illuminano, e tiro un gridolino sommesso del tipo: "UUUUUh io addddoro le tartarughine!!"e lui...riiing gli suona il cellulare, risponde: "Sì, sono qui sto arrivando", ignora quanto aveva appena detto e mi mostra la foto di un animaletto grazioso e minuscolo e mi racconta: "Questa è una fjsijnwjhduwnki (nome palesemente falso ma non ricordo che diavolo ha detto, comunque nome scientifico in latino), è talmente primitiva che non ritira la testa nel guscio ma la sposta di lato e in più non morde per difendersi, ma sputa l'acqua, guarda che carina, qui stava per sputarmi in faccia" è fatta...mi ha conquistata. Parliamo ancora un pochino, insomma questo tizio salva le tartarughe come Gesù con Lazzaro: le recupera più morte che vive e le fa riprendere, un santone!! Ma è ora di spostarci verso un nuovo incontro, forse il più strano;
  3. la confraternita dei Goliardi ovvero uomo-torre uomo-regina.  Salutato l'amico delle tartarughe incontriamo due amici, ci sediamo con loro a bere e stuzzicare qualcosa e mentre parliamo arrivano al bar dei tizi veramente particolari: palesemente nerd, tra ragazzi e ragazze, età media tra i 27 e i 31 anni, tutti con un mantello nero ma di diverse lunghezze. "Quelli" mi spiegano i nostri amici "sono i Goliardi, una confraternita universitaria, sono un po' strani" io rispondo: "Sì, conosco i Goliardi, sono presenti sin dal Medioevo con le prime università, ma non capisco perché siano ancora presenti al giorno d'oggi, che diavolo fanno? Poi, data l'età, direi che sono fuori corso da parecchi anni, ma scusa perché quel mantello?" mi viene spiegato che la lunghezza del mantello riguarda l'importanza che si ha nel gruppo, portano inoltre uno strano cappello verde alla Robin Hood, corredato da toppe sempre a seconda della posizione che ricoprono nel gruppo. Io noto un giovincello, alto con una mantellina veramente ridicola, nera con un motivetto che non saprei definire se non dicendo che sembravano i merli squadrati di una torre, quello deve essere un novellino, penso perché il mantello non gli arrivava nemmeno alla vita: sembrava una copertina per neonati, ma molto più seria. Io faccio notare che quell'abbigliamento li fa assomigliare a personaggi degli scacchi giganti, tutti diversi tra loro e appunto il novellino sembrava un uomo-torre, Demmy poi mi fa vedere un ragazzo, il più anziano con una mantella lunghissima e azzarda che quello fosse un alfiere, ma io lo correggo: l'alfiere si muove solo in diagonale, con quel mantello inciamperebbe, in più deve essere il capo, quindi credo che quello sia definibile l'uomo-regina. La regina lo porta il mantello. Insomma, ci siamo un po' divertiti alle spalle di questa bizzarra setta.
  4. vi evito l'incontro con la Pifferaia che già conoscete e passiamo all'incontro più illuminante e piacevole
  5. l'intellettuale appassionato. Ci viene fame, ormai all'una passata di notte e decidiamo di lasciare il bar e i nostri amici per andare al Pane Quotidiano, un forno aperto 24/24 h . Arriviamo lì, affamati di pizza e Demmy incontra una sua conoscenza, io guardo il ragazzo che è con lui, elegante, cravatta nera, giacchetta, pettinato e barba biondina ben ordinata, non molto alto, ma un sorriso stampato non sulla bocca ma negli occhi. Io l'ho già visto, attacco quindi bottone, aspettando la pizza, cercando insieme a lui le amicizie comuni, sveliamo l'arcano, ci presentiamo e il mio nome (come sempre) fa intavolare un discorso sul libro di Carroll Alice nel paese delle meraviglie, ma stavolta è molto diverso, non termina la frase con un silenzio imbarazzante dopo che io ho detto: "Sì, me lo fanno notare tutti" ma si inizia a parlare dei personaggi, di quelli che apprezzavamo e quelli noiosi, insomma mi perdo a raccontarmela con questo ragazzo che sorride con lo sguardo. La pizza arriva, chiamo Demmy e dopo che lui scopre il nome vero di Demmy (per chi non lo sapesse è Dimitri) parte un'altra piacevolissima conversazione assolutamente intellettuale riguardo la linguistica in particolare russa. Lui ha le redini del dibattito, è palese, questo ragazzo mi sta distruggendo senza però ostentare superiorità, io arranco per stare al passo con lui, ma a quanto pare non lo nota e continua a parlare coinvolgendomi in discorsi di teologia, filosofia e ovviamente sulle fiabe. Oh, finalmente gli rubo la palla, sulle fiabe sono più ferrata io ehi ma che fa, dribbla? Fa goal ancora, ma come fa? Il tempo pare si fermi, io mentre sbocconcello la mia fetta di pizza che tengo con due mani come una bambina ascolto e ogni tanto rispondo, conscia del fatto che probabilmente esono sporca di pomodoro fino alle orecchie, ma non mi sentivo per nulla ridicola. Un'ora dopo quasi, la bolla viene rotta, si torna ala realtà è ora di tornare a casa, salutiamo i nostri compagni di conversazione ed è ora di andare a letto. Mi addormento guardando cartoni di Paperino su YouTube e pensando a quanto bella è stata questa serata insieme a Demmy. Dovrebbe essere tutte le sere martedì-sabato. 

venerdì 9 ottobre 2015

Giorno 13- Le caramelle dagli sconosciuti

Le caramelle dagli sconosciuti

Questo titolo può sembrare un po' particolare e spaventare chi di voi tiene a me, quindi sto aggiungendo questa nota prima di iniziare per assicurarvi che in questo post nessuna Alice è stata sedata, drogata ecc. Ora che vi ho tranquillizzati e vi ho acceso un barlume di curiosità che vi ha fatto chiedere "ma allora cosa intende?", posso iniziare.

Era una fresca sera di inizio autunno, io avevo appena finito di fare un colloquio a Monfalcone, con le mie scarpette da figonza, troppo estive per il periodo ma pur sempre da figonza. Con me c'era Demmy, l'adorabile orso con cui vivo, che mi aveva aspettato in auto per più di mezz'ora e che ora reclamava di fare la spesa. Ma sì, dai cambiamo un po', qui sulla strada c'è un supermercato super, andiamo qui, invece che nei soliti discount sotto casa. Saltiamo la parte della spesa, perché vedrebbe solo discussioni del tipo: "Lo prendo il pollo? O il pollo o la lonza", oppure: "Ma questa è carta igienica o carta assorbente?". Clicchiamo il tasto forward del nostro video registratore di ricordi e andiamo alla scena della cassa. Aspettiamo con pazienza che la vecchietta che non trova le monetine in fondo alla borsa finisca di pagare e intanto io fisso nel vuoto, come probabilmente chiunque stia in coda in cassa, perché altrimenti che vuoi fare? Non sta bene guardare la spesa degli altri, anche se a me piace: fa capire moltissime cose delle persone la spesa, d'altronde si dice: "Sei quello che mangi". Per la cronaca (e poi tornerò a quel momento preciso, che tanto aspettate) la maggior parte delle vecchiette qui a Trieste, quando non sono accompagnate, passano al lettore un cartone di vino bianco e le immancabili, letali prugne secche. Comunque, sono lì, che guardo il nulla dietro alla cassiera truccata come una drag queen, poi appunto mi accorgo di lei e allora guardo la foto attaccata al cartellino, ammazza, penso, questa donna lavora qui da secoli, nella foto è molto più giovane! toc toc, qualcuno mi urta il braccio...è Demmy che mi fa vedere con fare sospetto una scatolina di forma cilindrica tutta nera; che cosa sono, gomme da masticare? Ehi un momento, perché le tiene così? Oddio non le avrà mica rubate, cavolo non è da noi fare queste cose... ma ha pure la faccia tosta di offrirmene una davanti alla cassiera? Faccio no col capino e con uno sguardo torvo, da una che ha intenzione di fargli una lavata di capo con shampoo, balsamo e piega appena saliamo in auto. Lui dopo il mio rifiuto fa spallucce e se ne caccia una in bocca. Paghiamo e usciamo dal luogo del misfatto, salgo in auto, lo guardo negli occhi e dico: "Le hai rubate?", faccio da cerbiatta ferita attendendo la sua risposta: "No, non le ho rubate, le ho prese l'altro giorno", "E allora perché le tenevi in quel modo, prima? Sembrava che volessi sfidare l'acume della cassiera" (non credo di aver utilizzato davvero la parola acume, ma concedetemela!) e lui giustamente risponde: "Le tenevo come, scusa?" insomma, falso allarme, si era prodotto tutto nella mia mente malata che non aveva altro da fare in fila che giocare a Sherlock Holmes. "Beh in questo caso ne prenderò una, brrr ma sono alla liquirizia, Demmy? Non mi piace la liquirizia" avevo tutto il motivo di credere che fossero alla liquirizia perché erano nere, ma poi ne annuso una, come una bestiola diffidente e realizzo che sono alla menta, ok si può fare, la metto in bocca. "Omnom, uh le mie preferite, quelle ultra forti!" nel frattempo esco dal parcheggio e non so per quale motivo, continuo a parlare di gomme da masticare. La cosa che mi preoccupa è che mi capita spesso di intrattenere discorsi chilometrici su cose banali, ma lasciamo correre. Nel frattempo inizio a starnutire, la menta mi è salita al naso. "Allora" continuo io, "Sono molto buone eh, ma mi lasciano questa strana sensazione in bocca, non so mi prude la gola" mi fermo al benzinaio per rifornimento e intanto la gola mi va a fuoco, che cavolo sto mangiando? Guardo Demmy e vedo in lui il volto di chi realizza di aver fatto una cosa un po' stupida, ma tranquillamente afferma: " Ah, ecco sì, ora ricordo, sono gomme alla nicotina, ecco perché sono nere ma sanno di menta e non di liquirizia" io impallidisco, sguardo spiritato e dalla mia bocca esce solo un: "Cosa mi hai dato tu??" sputo la gomma, blee schifo schifo, datemi qualcosa da bere, oh sì, quella disgustosa bibita energetica in lattina che a lui piace tanto, la assaggio, mmm non è così male, o mamma ha peggiorato la situazione, adesso mi brucia tutto e ancora di più! Piano piano il bruciore svanisce e io, come se mi avesse dato una gomma avvelenata, sbotto allibita: "Tu....mi hai DROGATA!! E se diventassi dipendente da nicotina e mangiassi solo gomme alla nicotina, che faremmo eh? Tu stai cercando di smettere di fumare e induci me a diventare dipendente da qualcosa? Uh, ma le hai prese per smettere di fumare, che carino sei!" "Non preoccuparti," mi tranquillizza Demmy "ti conosco, non le prenderesti mai, una confezione da dodici costa 3 euro e 50, non pagheresti mai così tanto per così poco e nemmeno io lo farei, le ho prese per provarle, hanno lo stesso sapore di quelle alla caffeina ." Sì, ha ragione, sono un po' formichina  che risparmia per l'avvenire e poi so benissimo che non si diventa dipendenti con una gomma, ma ero sconvolta e un po' volevo far sentire in colpa lui. Insomma, ora ho anche sperimentato il "Non prendere le caramelle dagli sconosciuti" che le nostre mamme tanto ci ripetevano ogni volta che andavamo al parco. Certo, Demmy non è uno sconosciuto, era solo dimentico del fatto che la scatolina che era in tasca non era proprio prodotto da offrire a chiunque, specialmente ai non fumatori; io in questo caso cambierei la frase in: "Non prendere le gomme da masticare dai distratti", suona molto bene, non vi pare?

mercoledì 30 settembre 2015

Giorno 12- Il giardino dei pazzi o i pazzi del giardino?! pt. 3

Il giardino dei pazzi o i pazzi del giardino?! pt.3- La pifferaia magica

Spostiamoci qualche centinaio di metri più in là rispetto al solito giardino, in modo che possa farvi conoscere la nuova protagonista della rubrica dedicata alla città dei matti. Oggi vi presento la Pifferaia Magica: la pazza che vedo più spesso in assoluto, molto molesta e strana. Vi dico solo che la prima volta che l'ho vista, l'autunno scorso, dopo avermi chiesto le sue solite monetine per non si sa bene cosa, si è spostata di un pochino, si è tirata giù i pantaloni, si è accovacciata e ha fatto pipì...lì....in mezzo al viale pedonale...di fronte a decine di ragazzi seduti ai tavolini esterni del bar. Questa sì che è inibizione! Perché la chiamiamo Pifferaia Magica? Semplicemente perché assomiglia vagamente al personaggio delle fiabe (il mio preferito per la cronaca), non tanto fisicamente quanto per una questione di look: porta sempre dei pantaloni attillatissimi, ogni tanto traslucidi, ogni tanto verde marcio e sopra indossa una maglietta sformata, larghissima e quando fa freddo una giacchetta di pelle. Siccome vorrei serbare ancora un buon ricordo del celebre Robin Hood, ho deciso che Pifferaia (data la sua abitudine di portare calzamaglie) è il nome giusto da attribuirle. 

La Pifferaia si aggira molesta per il viale, con la sua camminata altalenante, età ancora da definire, capelli grigi e arruffati, un nasone a patata e un alitaccio fetido da birromane (si dice?) alcolizzata che non auguro a nessuno di sentire e tantomeno di avere la mattina. Quando la incontrate per strada, potrete assistere a ben due comportamenti tipo: se la incontrate frontalmente, vi chiederà una moneta, un euro, venti centesimi, ve lo chiede così, senza vergogna e senza paura; se invece avete la sfortuna di avercela dietro e di malumore (soprattutto se siete in coppia, forse proprio questo le dà alquanto fastidio), allora vi piomberà addosso con un urlo da aquila, spaventandovi a morte, per poi andarsene come se nulla fosse. Vi giuro che io quella donna non l'ho mai vista se non su quella strada: una volta l'ho beccata mentre dormiva su una panchina, stavolta ai margini del viale, dove c'è meno gente e un po' meno luce grazie agli alberi più fitti. Quando si sveglia si mette a sedere, si stropiccia gli occhi e chiede con lo sguardo assonnato a tutti i passanti un accendino, anche se molti non la calcolavano nemmeno: mica tutti vorrebbero avere una conversazione con una che si veste come un paggetto medievale alla corte del granduca e profuma come il suo stalliere. Vi ho detto della prima volta che l'ho vista no? Ora vi dirò dell'ultima, cioè qualche giorno fa: sto facendo la mia solita passeggiata con Cora, tutta tranquilla: A un tratto lei mi vede, mi raggiunge (stavolta non grida "Braaaaaaah" da dietro, semplicemente mi supera per braccarmi) mi chiede: "Scusa hai un euro?", io le rispondo: "Non ce l'ho un euro, mi spiace ma no" lei se ne va, fa tre passi e incontra un altro passante a cui chiede il solito, dannato euro. Io li supero con la mia andatura lenta, nel frattempo la conversazione finisce e io con la coda dell'occhio vedo la Pifferaia che mi vede di nuovo, si illumina di nuovo (!!!) e riparte il disco: mi raggiunge, "Scusa hai un euro?", io mi spazientisco e sbotto: "Ma scusa, dieci passi fa ti ho detto che non ho un euro, mi crescono nelle tasche da soli i soldi? Non ce l'ho mi dispiace!!"e lei con tutta serenità: "No, tranquilla. lo so che sei fragile"....aumenta il passo e si allontana, lasciandomi lì, come una papaya a guardarmi intorno con un enorme punto interrogativo in faccia e con un sorriso direi insolito per la situazione. Oh, che posso dirvi, mi ha fatto ridere che una donna così mi abbia detto che sono fragile: magari non è affatto sbagliata la sua affermazione, ma perché le è venuta in mente? Perché proprio io? Di solito non dice niente quando le dici no, semplicemente ti ignora.
Vogliamo parlare poi di quando canta a voce alta non si sa quale melodia? Però lei non ha il piffero per accompagnare il suo canto armonioso da sirena investita da un cargo! Non so se sperare che la incontriate prima o poi se mai verrete qui o se sperare esattamente il contrario. Alla fine parlare con lei è un esperienza unica, ma non vederla sarebbe meglio forse. Deciderete voi se cambiare strada...a meno che non sia dietro di voi.....BRAAAAAH!!!!!!!

venerdì 25 settembre 2015

Giorno 11- La signora P.

La signora P.

No, non sto censurando una parolaccia, semplicemente sto cercando di non dire il cognome di questa signora, una mia vicina di casa che tanto vicina non è ma grazie alle sue doti chiamiamole "canore" la sento vicinissima...quasi in cucina! La cosa buffa? Credo di averla incontrata una volta sola sulle scale e se la rincontrassi probabilmente non la riconoscerei, ricordo solo di avere detto tra me e me: "Così è lei la signora P., colei che riceve decine di visite ogni pomeriggio e centinaia di chiamate all'ora". Se il suo volto mi risulta completamente anonimo, così non è per la sua vocina e il rumore dolce e amaro del suo Folletto (non intendo lo spiritello ovviamente, parlo dell'aspirapolvere!). Glisserò sul suono del Folletto perché penso che tutti ne abbiate sentito uno e in caso contrario non saprei come descriverlo ulteriormente, io so solo che la signora P. quando suona il citofono risponde con: "Sìììììì, chi èèèèè??", con un bel vocione pieno e quando entrano in casa le persone lei urla "Buongiooooornoooo"mentre al telefono dice: "Sìììì prontoooooo??" Il "Sììììì" e le vocali finali allungate sono (quasi) sempre presenti. Ora...le prime settimane che ero qui e sentivo questa donnina che gridava da casa sua ho iniziato a sospettare che lavorasse a casa; e in effetti non era difficile da capire, siccome davanti alla porta di entrata del cortile c'è una targhetta dorata con il suo cognome con la P. e una freccina  -->  che indica la sua abitazione, neanche servissero segnali luminosi. Certo, quindi lavora a casa sua, ma che lavoro fa? Dunque analizziamo un po': tanta gente che va e viene, moltissime chiamate con conversazioni ambigue che raggiungono la mia cucina del tipo: "Glielo posso fare diventare corto, se vuole"...allora le possibilità sono due: o fa la... ehm...come dire...la signora di compagnia diciamo....o fa la sarta. Devo confessarvi che banalmente per un giorno o due ci ho creduto che potesse essere la prima opzione, ma poi quando le ho sentito pronunciare: "Aaaah, il grande giorno è domani, come si chiama lo sposo?", ho deciso che dovevo convincermi che è una sarta e che deve anche essere molto brava se tutte quelle donne e uomini le portano vestiti da cerimonie da sistemare. Mi sono messa il cuore in pace, ogni tanto vorrei mettere in pace anche le mie orecchie, ma quello purtroppo non potrà funzionare finché ci sarà la signora P. in circolazione. E un'altra cosa sospetta che succede ogni mattina e io non capisco ancora perché è che suo marito (almeno credo sia suo marito) esce circa alle nove di mattina da casa, si mette nel cortile e poi urla "Roby!!!" e la signora P. risponde "Sìììì, arrivooooo". Che ne so, sarà un rito o magari è una prova dell'udito. C'è chi la mattina si alza e fa jogging e chi deve gridare il nome della consorte fuori dalla porta di casa propria. Il risveglio è soggettivo! Nonostante tutto, la posizione di questo appartamento non la cambierei per nessuna signora P. al mondo! Tanto fra poco arriva l'inverno e la signora e il signor P. vanno in letargo. Vi ho fregati, non sono orsi, ma terrò chiusa la finestra e magari non li sentirò.

giovedì 17 settembre 2015

Giorno 10- Looking for a job pt. 4...La svolta!!

La svolta!!- Servizio colazioni in un hotel

Ebbene sì miei cari, finalmente siamo arrivati a una svolta: questa settimana sono passata dalla nullafacente totale a tre lavori i cui orari si incastravano alla perfezione. Oggi vorrei parlarvi di quello che faccio ogni tanto la mattina dalle 6 a oltranza in un hotel. Semplicemente faccio servizio colazioni: arrivano orde di tedeschi affamati e io li nutro sorridendo ma svolgendo velocissimamente il mio lavoro di tuttofare. Io apparecchio, sparecchio, prendo ordinazioni, preparo le cose da portare fuori, spazzo, lavo, faccio i caffè (i cappuccini li faccio ma da sola ancora non mi permettono di farli, ho problemi nello scaldare il latte!) ecc. La cosa snervante del lavoro è che questi tedeschi affamati sono davvero molto affamati e vanno matti per il caffè americano. Ora: spendono un bel po' per la colazione e si bevono acqua sporca, quando hanno compreso nel prezzo caffè e cappuccini di quelli buoni, quelli che gli italiani sanno fare molto bene. Io non sono appassionata di caffè, anzi proprio non mi piace, ma secondo me dovrebbero bere più bevande fatte come si deve. In effetti mi è stato fatto notare che magari non sono abituati ai sapori forti, specialmente di mattina e che quindi è difficile apprezzare l'espresso se hai sempre bevuto acqua e polverina. Ad ogni modo per me è la prima volta che svolgo attività di cameriera e mi sono sentita dapprima molto spiazzata, tanto che mentre mi spiegavano le cose pensavo tra me che non sarei mai riuscita a fare questo lavoro, troppe cose difficili da memorizzare, ma poi mi sono rimboccata (letteralmente) le maniche della mia camicetta bianca e sono partita quasi a razzo e oggi, dopo il secondo giorno di prova, posso dire che mi trovo davvero bene lì, che anche se devo svolgere in tutta fretta ogni tipo di mansione sono molto pazienti con me che non ne so molto e che uno dei pochi lati negativi è che devo svegliarmi a un orario indecente per essere operativa alle 6.
Molti mi dicono che spesso sono insicura e che non ho consapevolezza delle mie capacità, ma con questa nuova esperienza mi sono accorta che io posso fare moltissime cose, se mi vengono spiegate adeguatamente, anche se ogni tanto la cavolata la faccio comunque: ad esempio mi è stato detto di tagliare la torta in dodici fette, continuando le linee fatte dalla mia collega. Io mi sono confusa e ne ho tagliate quindici, non solo più fette del previsto ma pure dispari! Ok, come primo compito è andato male, mi rifarò col prossimo: "riapparecchia quel tavolo", mi dicono. Beh non può essere così difficile forchetta a sinistra, coltello a destra e via, pronto! Forse...no ma che fai? Ah il piattino del cappuccino deve essere dritto. Ah il cucchiaino verso l'esterno. Sì ok, ho capito, il prossimo tavolo sarà immacolato.
Ieri c'era invece moltissima gente e quindi, dopo aver imparato con pazienza dove mettere quale posata e come sistemare alla perfezione il tavolo è iniziato il delirio: dovevo solo apparecchiare con tovaglia e tovaglioli, senza pensare al dettaglio e passare zigzagando velocemente tra dei vecchietti che camminavano strisciando i piedi a una velocità di crociera che potremmo definire "Sei fermo come un iceberg ma molle come un biscotto nel latte", ovviamente senza rovesciare loro addosso roba bollente lasciata da un altro nonnetto imbalsamato. Quando partivano dal fondo della sala per uscirne io facevo in tempo a sparecchiare tre tavoli, riapparecchiarli e fare un caffè e portarlo alla signora e loro erano ancora a metà. Non che la stanza fosse grande, era per dirvi che erano loro il problema! Vi dico solo che nelle prossime notti sono sicura che sognerò i tedeschi in una coda chilometrica che gridano "Kaffeeeeee!!" indicando quell'acquetta putrida dell'americano che finiva ogni dieci minuti. Un signore, stavolta italiano, ha chiesto sia a me che a un'altra ragazza il perché non ci fosse prosciutto crudo né salmone, arrabbiandosi perché aveva pagato un "patrimonio" e non aveva nemmeno il salmone da spizzicare...alle 8 di mattina...e a mezzogiorno che ti mangi, scusa? Giovanni Storti direbbe "Topi morti"
Da Tre Uomini e una Gamba
Un altro uomo, nel suo imperfetto inglese voleva un tavolo per due, io al centro della ressa gli ho risposto quanto più garbatamente possibile che erano tutti apparecchiati per due i tavoli e che poteva sedersi a questo, alla mia destra. Vedendolo titubante gli chiedo se avevo capito quello che intendeva e lui mi risponde con un secco no, che a ripensarci mi fa venire i nervi, perché sembrava un bambino viziato: lui non voleva sedersi in un tavolo attaccato ad altre due persone per fare colazione, lui voleva QUEL tavolo...quello già occupato. Io lo guardo con fare interrogativo e gli faccio capire solo con lo sguardo che ha risolto da solo l'arcano, quel tavolo è occupato, come tutti gli altri tavoli della sala, quindi o ti siedi a questo e mangi con di fronte tua moglie senza preoccuparti di sbagliare a fare piedino e farlo alla moglie del vicino di posto, oppure mangi in piedi. Scegli tu, io non posso usare l'idrante con gli ospiti per farli spostare, mi piacerebbe in realtà usarlo contro di te, ma continuo a sorridere mentre il mio idrante mentale ti sta cacciando fuori dall'hotel con un getto potentissimo!
Che dura la vita di una polpetta con le gambe che cerca lavoro! Però mi sto divertendo tantissimo anche se ogni tanto arrivo a casa un po' troppo stanca e mi addormento ogni volta che mi fai appoggiare in qualsiasi posizione a qualcosa di morbido! Nel prossimo post vi parlerò del mio secondo lavoro, quindi restate sintonizzati!



domenica 30 agosto 2015

Giorno 9- Segua quel taxi!!

Segua quel taxi!!

Salve terrestri, vi parlo da una nuova postazione ufo. No non sono stata rapita dagli alieni e non ho nemmeno cambiato casa. Ho semplicemente cambiato pc e quindi ora sono su una scrivania favolosa davanti a una bestia di computer a cui non sono proprio abituata, però che sensazione di professionalità che ho. 
Comunque andiamo al sodo, dovete sapere che qui anche coloro che guidano mezzi di trasporto pubblici sono dei matti: gli autisti dei bus prendono stradine strettissime a tutta velocità, quelli del tram...no loro non fanno nulla di che, è il tram in sé che secondo me è una follia. E i tassisti? Ovviamente non sono da meno, sorpassi, accelerate e strane, frenate brusche ma non troppo...riescono però a rimanere abbastanza anonimi e insignificanti, grazie al fatto che guidano un'auto e non un enorme autobus magari anche snodato. Ho iniziato a studiare il comportamento del tassista medio da quando settimana scorsa sono stata costretta a inseguirne uno! Mi spiego meglio: era l'ultima mattinata in cui le mie amiche da Bergamo, venute per godersi il sole triestino che ovviamente è comparso solo qualche ora prima che partissero per tornare a casa, stavano con me e abbiamo quindi deciso di andare al mare per tre orette e fare il bagnetto, nonostante sapessi di dover andare in una biblioteca di cui conoscevo solo il nome della via, ma non avevo proprio idea di dove fosse. Beh decido che sarei andata dopo il mare, sperando di riuscire a fare in tempo, visto che l'orario estivo prevede la chiusura pomeridiana e io necessitavo proprio quel giorno del libro perché non sapevo quanto sarebbe durata la mia prenotazione in stallo nella biblioteca. Insomma, alle 12.30, esattamente mezz'ora prima dell'orario di chiusura, eravamo ancora in auto in zona stazione centrale e il panico mi stava invadendo. Ho accostato e il mio ragazzo, seduto sul lato passeggero scende per chiedere a un tassista dove si trovasse la via che cercavamo. Rientra in macchina dicendo: "Segui quel tassista!!", la prima mia reazione è stata: "Awwww ma che tenero, ci scorta fino alla biblioteca, che caro!", ma questa era la reazione prima che partisse tutto lanciato verso la strada...qui il mio atteggiamento è cambiato drasticamente, ho iniziato a credere che non era così bello seguire un tassista esperto della città, per di più con un'auto non tua (era quella della mia amica) che quindi non sei abituata a guidare. Mi incupisco e cerco di mantenere la calma e la concentrazione. Esco dal parcheggio ed entro in carreggiata dietro di lui, si sposta sulla corsia di destra...<< ok facile questo so farlo anche io...ehi e questo carro attrezzi da dove spunta? Non ti vorrai mettere davanti a me vero? No ti prego, perderò il taxi, oh levati bestione!! Oh no eccolo lì il tassista, si è spostata sulla corsia di sinistra, acchiappalo!  (sudore alle mani, sulla fronte, sentimento di arresa che cercava di prendere il posto del coraggio che avevo tirato fuori) Ok, stiamo calmi ecco cosa farò, accelero di corsa e mi caccio davanti a questo Mercedes nero poco dietro al taxi, umpf dai non gli ho tagliato la strada in modo così brusco, meno male è andata...oh sta accelerando il matto, stagli dietro per diana non perderlo ancora, aiuto quando finisce questa cosa?!?>> Per fortuna il mio desiderio è stato esaudito, il tassista accosta, io mi affianco a lui, mi dà le ultime indicazioni e mi saluta; io con la mia manina gocciolante gli faccio ciaociao, cercando di nascondere il terrore da cerbiatta che avevo negli occhi, troppo grandi per celare sentimenti del genere! Mi sono sentita in un film! A un certo punto ho avuto anche il tempo di pensare, tra il panico e la paura, che sarebbe stato figo se le mie amiche e il mio moroso avessero imbracciato delle pistole giganti ad acqua e, tiratisi fuori per metà col busto dal finestrino, avessero iniziato a sparare all'impazzata sulla folla urlando: "Siete finiti picciotti!!". Ok, basta, le fantasie di mafia soft sono improponibili. 

mercoledì 26 agosto 2015

Giorno 8- Looking for a job pt. 3

Looking for a job pt. 3- La signora filippina


Qualche tempo fa, in cerca disperata di lavoro come sempre, vado al solito supermercato e trovo sulla bacheca un annuncio veramente allettante, c'era scritto più o meno così: "Signora pilipina con figlio di 3 anni per babysitter, disponibile anche domenica e turni, chiamare 339xxxxxxx". Io felicissima chiamo subito e mi risponde una signora (ovviamente pilipina) con l'accento molto pilipino e l'italiano un po' incerto. "Sì, signora ho visto l'annuncio per la baby sitter e sarei interessata, cerca ancora?" dico io e lei: "Sì signola, ma scusa io non parla bene italiano e ora lavoro, puoi chiamale domani?" allora io la saluto e riattacco e l'indomani richiamo, stessa cosa detta da me, poco diversa la sua risposta: "Signola, vediamoci domani in Viale così noi parla, lei quando disponibile pel lavolo?", "Non saprei signora, quando è più comodo a lei, ma comunque ne parliamo domani faccia a faccia, arrivederci". L'indomani mattina mi preparo tutta contenta per il futuro lavoro, mi pregusto già il momento in cui curerò un bimbetto di tre anni con cui giocherò e farò tanti lavoretti divertenti, ho cercato di sembrare carina ma mantenendo un look semplice, da persona affidabile, da perfetta babysitter insomma, un pochino di trucco, ma leggero leggero, una camicetta, le uniche scarpe serie ma non troppo eleganti che ho e mi lancio in Viale. Al punto prefissato, incontro una signora (l'unica dai tratti orientali) molto bassa, capelli a caschetto neri e lisci come spaghettini e viso tondo, troppo grosso rispetto alle spalle; ci presentiamo e mi accorgo che lei ancora non mi aveva detto il suo nome ma non ho avuto tempo per pensare a queste sottigliezze perché immediatamente parte la sua domanda fatale: "Quindi tu quando ha bisogno? Perché io lavola pomeliggio, ma mattina quasi semple libera"......zamzamzaaaaam..."MA COME? NON HA BISOGNO LEI DI UNA BABY SITTER?!?", il mio sguardo è vacuo, l'espressione incredula, sto avendo un flashback di tutte le tappe che hanno portato al fraintendimento e ho avuto una tremenda voglia di piangere: entrambe cercavamo lavoro come baby sitter, ma, a causa del gap linguistico, ci siamo capite male e nessuna delle due ha concluso un bel nulla quel giorno. Invece delle lacrime che avevo voglia di buttare fuori, mi è uscita una risata isterica, quella con gli occhi da pazza, mentre la donnina dal faccione tondo arrotonda anche la bocca e spalanca gli occhi per esclamare: "UUUUh scusa signolaaaaa, scusa io no blava con italiano, sclitto male, scusa scusa" e io non ho potuto fare altro che rassicurarla che era tutto a posto e che a volte capitava di fare errori con una lingua diversa dalla propria, lo viene a dire proprio a me che studio lingue?! Torno verso il mio ragazzo che mi aspettava a debita distanza (questi incontri di lavoro li voglio fare sempre e rigorosamente da sola) e spiego l'accaduto e mi ha sorpresa molto il fatto che anche lui provasse delusione e un pizzico di fastidio per la situazione. E' stata una vera doccia fredda, ma ci sono passata sopra passando il resto della giornata in spiaggia, ora, col senno di poi, non posso fare altro che sorridere e pensare che capitano proprio tutte a me, forse me le cerco anche.


Promemoria: mettere subito le carte in tavola, mai più rimanere sul vago, specialmente con presunti datori di lavoro che non parlano bene la tua lingua!

lunedì 17 agosto 2015

Giorno 7- I gentiluomini della Linea 2

I gentiluomini della Linea 2

L'altro giorno per la prima volta da che sono a Trieste, mi sono trovata costretta a prendere la Linea 2 per necessità e non per piacere. Dico così perché la Linea 2 dei trasporti di Trieste è l'unica linea della città servita da un tram. E che tram! Pensate che risale al 1902 ed è la motrice ancora funzionante più vecchia d'Europa (per saperne di più vedi qui), parte dal centro della città e arriva fino a Opicina, a più di 300 metri di altezza, tanto che per fare la salita è trainata da una sorta di mini macchinina e tutti i triestini sanno che sono molto più numerosi i mesi in cui la Linea è chiusa a causa dell'uscita dai binari del tram che i mesi in cui questa funziona perfettamente. Insomma, io ho sempre visto questo meraviglioso mezzo di trasporto d'epoca, messo a nuovo ma con ancora tutti gli assetti originali e un po' vintage, come un tram turistico, nonostante sapessi benissimo che non è affatto così, anzi è il mezzo più veloce dopo l'auto per arrivare a Opicina. Dire veloce è esagerato, ma glissiamo sull'argomento. Non essendo pratica di questa linea, sapevo che avrei dovuto chiedere al macchinista (o si dice autista?) di avvisarmi quando scendere, precisamente alla fermata dell'obelisco. Naturalmente si chiama così a causa di un enorme (e dico enorme!) obelisco che troneggia su una piccola collinetta proprio sopra allo stop del tram, ma visto che io e tutti coloro che mi conoscono sappiamo benissimo che non ho per nulla spirito di osservazione, ero sicura che chiedere a lui era l'unica soluzione per non rischiare di andarmene e zonzo fino in cima a Opicina e poi scendere a piedi per chi sa quante centinaia di metri. Il problema è che il caro ometto che guidava il tram, piccolo, cicciottello, pelatino e con due occhietti a spillo molto torvi non aveva un viso molto rassicurante e sapevo che non mi avrebbe aiutato di buona voglia, dal momento che avevo già tentato di intrattenere una conversazione prima di partire senza buoni risultati. Io, tremendamente spaventata al pensiero che avrei dovuto parlargli e convintissima che il suo umore era intaccato da un vecchietto alto e snello con gli occhi azzurri che gli parlava ininterrottamente di tempo atmosferico, di vino ecc. mi appropinquo a lui, le mani sudate e la vocina tremolante. Chiedo: "Mi scusi sa, ma io non sono pratica, mi saprebbe dire quando scendere per l'obelisco?" Sorrisino imbarazzato, occhioni da gazzella e sudore che mi rendeva le mani scivolose come salamandre cicciottelle. "Torni a sedersi, signorina, lei scende con me", dice il vecchietto un po' logorroico vicino al conducente. Ecco qui vorrei fare una piccola parentesi: credo che come "Non svegliare il can che dorme", anche "Non parlare al conducente" è caduto quasi nei proverbi popolari; e credetemi, parlare a questo conducente mi ha fatto capire il vero significato di questa leggendaria frase! Comunque, torniamo a noi: io mi siedo un po' sollevata e dopo cinque minuti il vecchietto mi dice che la prossima fermata sarebbe stata la nostra, di rilassarmi e di dargli la valigia che l'avrebbe portata lui giù dal tram, perché c'era un gradino "moooolto alto". Ora...secondo voi io volevo avere sulla coscienza un'ernia del gentiluomo che aveva il quadruplo della mia età e probabilmente un quarto della forza giovanile che potrei avere io? Insomma, gentilmente rifiuto e lui insiste e io sempre cordialmente, rifiuto, fino a che le porte non si aprono e un altro nonnetto, stavolta con i bastoni da trekking, ma anche lui vicinissimo agli ottanta, decide che l'avrebbe portato giù lui il mio bagaglio. E qui sbotto e decido di prendere in mano la situazione (e la valigia) buttandomi dal tram che effettivamente aveva dei gradini abbastanza alti. Alla fine esco da quel mezzo di trasporto che, data l'età media, mi sembrava la barca sull'Acheronte che trasporta le Anime dei morti e ringrazio i due spasimanti che mi ero fatta guardandomi intorno circospetta e diffidente: "Mi scusi, -dico io- ma proprio non vedo l'obelisco, sa devo farmi trovare proprio lì". "Ma come, signorina, eccolo qui l'obelisco!" Alla mia destra sorgeva tutto impettito il monumento gigantesco che cercavo e in quel momento ho capito che in fondo io faccio tanti giochi tipo trova le differenze per cercare di fare più attenzione all'immagine ma non credo imparerò mai a scorgere i dettagli, nemmeno se sono alti tre volte più di me! Va beh, dopo la gaffe memorabile col vecchietto sportivo l'altro signore, che ci mancava poco mi prendesse sotto braccio stile Dorothy e lo Spaventapasseri ne Il Mago di Oz mi obbliga letteralmente a bere dalla fontanella perché l'acqua viene dalla fonte e quindi è "fresca fresca fresca" e subito dopo mi dice di fare una foto al meraviglioso panorama perché da lì è proprio "bello bello bello" e io che come un soldatino faccio tutto quello che dice, però che belle sensazioni mi ha fatto provare, l'acqua era davvero fresca fresca fresca e il panorama davvero bello bello bello come diceva lui. L'altro "Sciur" (per dirlo alla bergamasca) mi dice pure "Se poi ha tempo faccia una passeggiata su per questo sentiero, è davvero rilassante" e io ringrazio ma purtroppo gli dico che per quel giorno non sarei riuscita, perché avevo un appuntamento proprio lì, sotto il titanico obelisco, dopo cinque minuti e non volevo fare tardi. Però sono sicura che la passeggiata lì la farò, perché qualunque cosa hanno detto quei due gentiluomini è risultata assolutamente vera.

sabato 8 agosto 2015

Giorno 6- Il giardino dei pazzi o i pazzi del giardino?! pt.2

Il giardino dei pazzi o i pazzi del giardino?! pt.2- Ho fame, un panino, ho fame

Durante la mia solita passeggiata quotidiana ai giardini pubblici, l'altro giorno mi imbatto in una donna alquanto strana che mi ha colpito particolarmente. Aveva circa 50 anni, portava un vestitino arancione tutto sgualcito che copriva il suo corpicino pelle e ossa, i capelli arruffati radi e rossicci e il viso olivastro solcato da rughe troppo profonde per una donna della sua età. Ai piedi un paio di sneakers, completamente sola che vagava con lo sguardo perso nel vuoto. Quando incrociava una persona la sua espressione vacua cambiava drasticamente: faceva una smorfia terribile, allungava i lati della bocca, strizzava gli occhi e iniziava a inseguire i passanti piagnucolando a voce alta e in modo ritmico: "Ho fame, un panino, una pizzetta, ho fame, ho fame, per favore, una pizzetta, voglio mangiare" era una cadenza regolare sottolineata dai piedi che facevano una sorta di marcia mentre le braccia resavano incollate al corpo, i pugni chiusi. Mi sembrava una bambina capricciosa che voleva le caramelle, puntava i piedi, frignava e alzava il tono della voce quando non era ascoltata. La cosa mi ha scossa molto, perché con una persona così non sai come comportarti, non sai nemmeno se quello che dice è vero, non sai come reagirebbe se qualcuno esaudisse la sua richiesta o se interagisse con lei. Tutti fingevano di ignorarla, io compresa, anche se era parecchio difficile dal momento che mentre camminavi ti si parava davanti e ripeteva la litania e ogni volta che riuscivi a superarla, lei con uno scatto si riproponeva davanti a te, alla stessa distanza minima. Io però la osservavo e mi sentivo impaurita ma anche impotente; non volevo avvicinarmi a lei perché incuteva davvero parecchio timore e non avevo idea di che cosa avrei dovuto dirle per calmarla. Ecco, quello che mi ha colpito non è tanto la donna in sé, qui di matti ce ne sono tanti, è il fatto che io sia riuscita a fare finta di niente, nonostante la mia espressione (e me ne sono accorta solo dopo che si era allontanata) fosse un misto tra preoccupazione e pena. Sì, ho provato pena, lo so che non è bello da dire e avete ragione. Ma se l'aveste vista anche voi probabilmente avreste provato le identiche sensazioni contrastanti. Mi sono vergognata perché mi sono accorta di essere una delle tante persone che guarda e non fa nulla. Certo, non era in pericolo e forse non era nemmeno pericolosa, ma quando una persona ti urla in faccia che ha fame e tu distogli lo sguardo allora ti meriti di dire pubblicamente che hai fatto male. Probabilmente non aveva nemmeno fame sul serio, però non lo puoi sapere. Questa gracile figurina si è infine allontanata dal mio campo visivo, io ho rilasciato i muscoli e il parco è tornato un posto tranquillo. La donna bambina era solo un'eco che risuonava tra gli alberi, abbastanza lontana da me da potermi rilassare, ma non troppo da poter dire che nulla era accaduto. Non so se avete mai giocato al videogioco Silent Hill: quando incontri un personaggio negativo sul tuo cammino, l'atmosfera diventa nebulosa e sfocata, questo è quello che ho sentito io quando la signora mi è passata accanto. Se potessi dare un colore all'aria che respiravo in quegli attimi sicuramente direi il grigio, sono sicura che quella donna non era cattiva, ma qualcosa nel parco cambiava mentre lei lo percorreva. Chissà che emozioni trasmetteva a lei il giardino. Chissà se lei lo percepisce come un angolo sicuro come sono avvezza a pensare io. Chissà...

martedì 4 agosto 2015

Giorno 5- Looking for a job pt. 2

Looking for a job pt. 2: La lavanderia

L'altro giorno, mentre passeggiavo a passo spedito, vedo un cartello appeso a una lavanderia: Cercasi Apprendista, diceva. Beh, un'apprendista non deve avere esperienza nel settore, deve solo essere motivata. Decido il giorno dopo di andare a consegnare un curriculum, quindi l'indomani mi sveglio presto, mi vesto con la camicetta che mi piace tanto, un filo di trucco sugli occhi e curriculum sotto braccio. Parto senza nemmeno fare colazione, la farò quando torno, per festeggiare il mio nuovo probabile lavoro. Dopo aver ricercato disperatamente la lavanderia, perché dovete sapere che Trieste ha quel magico potere di farvi dimenticare come arrivare ai punti desiderati anche se ci passate mille volte al giorno, entro tutta perplessa e mi accoglie una ragazza giovane, con un trucco un po' troppo pesante ed elaborato e le treccine. Io le lascio il curriculum e lei mi manda il suo capo e poi sparisce a bere caffè. Il "grande capo" è una donnina sui 40 anni circa, esile e bionda, occhi marroni e eyeliner azzurro appena appena accennato; mi stringe la mano poderosamente, acchiappa una penna al volo e mi chiede a bruciapelo: "Quanto sei alta?".... ehm, devo dire che la domanda mi spiazza ma io le rispondo prontamente anche se perplessa. "Mmm, capiiiisco", la risposta alla mia altezza. Poi continua: "Spero tu non sia mancina". Cavolo, altra domanda spiazzante!! "Veramente sì, sarei mancina: scrivo con la sinistra ma molte cose le faccio con la destra, sì ecco, sono ambidestra" e lei:" No, no, no santo cielo non va affatto bene, vede i nostri macchinari sono tutti progettati per destrimani [volevo correggerla e dirle DESTRORSI, per diana, sarò mancina ma so parlare io almeno!!] non so se sarà facile per lei.", "Come le ho già sottolineato, la mano destra la so usare, ovviamente se devo imparare un lavoro manuale tutta sola è più probabile che impari con la sinistra, ma se mi si insegna a farlo con la destra non trovo grandi difficoltà, sono molto versatile a riguardo.". Lei non è convinta e prosegue: "Vedo dal suo curriculum che studia lingue, immagino che il suo lavoro dei sogni non sia questo che io ho da proporle"...ecco, qui avrei voluto dirle "Ma di chi lo è, signora?" e invece mi è uscito un: "Beh, no, però vorrei imparare un mestiere e fare più lavori possibili, così da acquisire esperienza in tutti i campi.". Nemmeno questo risposta le è piaciuta però imperterrita cerca di trovare ulteriori difetti che io non comprendo per farmi desistere e farmene andare: "Beh vede, io cerco una ragazza da tenere fissa e da formare e che stia qui per sempre, sa non è facile insegnare il mestiere a qualcuno, [questa è l'unica motivazione valida che le ho sentito pronunciare], comunque se non trovo il candidato perfetto, allora farò una scelta tra lei e le altre ragazze che mi hanno mandato il curriculum fino ad ora, nel suo caso faremo un giorno di prova e vedremo se il suo handicap non influisce sul suo lavoro" Il mio handicap!!!! Ecco, è qui che ho deciso che non lo avrei accettato io il lavoro. Mi fa innervosire la cosa, perché per queste persone i mancini sono dei menomati, come se avessero un moncherino al posto della mano destra. Cavolo signori, siate realisti, sappiamo usare benissimo entrambe le mani come i destrorsi, anzi ogni tanto io che sono ambidestra mi sento più potente di loro perché posso fare più cose con entrambe le mani e sa una cosa cara signora lavandaia? Io stiro (quelle rare volte in cui stiro!!) sia con la destra che con la sinistra, dipende da quale linea devo seguire. Già, anche questa è stata una domanda che mi ha fatto. Insomma, sono tornata a casa e la mia colazione l'ho fatta comunque, con un po' di amarezza ma alla fine è andata giù. Ho fatto un'ottima scelta a lasciare la colazione a dopo il mini colloquio, così avrei potuto fare finta che la giornata non fosse iniziata con una piccola e insignificante sconfitta, la giornata inizia dopo la colazione, no?
Beh continuiamo a cercare, amici miei! Prima o poi sarò perfetta per una determinata mansione, toglierò dalla lista dei lavori dei miei sogni la voce Lavandaia. Sarcasmo galoppante....